Atollo di Bikini

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Bikini
municipalità
(MH) Pikinni
Bikini – Bandiera
Bikini – Veduta
Bikini – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera delle Isole Marshall Isole Marshall
ArcipelagoRalik
Territorio
Coordinate11°36′N 165°24′E / 11.6°N 165.4°E11.6; 165.4 (Bikini)
Altitudine25 m s.l.m.
Superficie6 km²
Abitanti9 (2011)
Densità1,5 ab./km²
Isolette36
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+12
ISO 3166-2MH-KIL
Cartografia
Bikini – Localizzazione
Bikini – Localizzazione
 Bene protetto dall'UNESCO
Atollo di Bikini, sito di test nucleari
 Patrimonio dell'umanità
Tipoculturale
CriterioC (iv) (vi)
PericoloNon indicato
Riconosciuto dal2010
Scheda UNESCO(EN) Bikini Atoll, nuclear tests site
(FR) Site d’essais nucléaires de l’atoll de Bikini

Bikini è una municipalità delle Isole Marshall costituita dall'omonimo atollo che comprende 36 isolette (le principali sono Aomen e Bikini), nella catena delle Ralik, nell'Oceano Pacifico. L'atollo è costituito da un'ampia laguna (594,2 km²).

Nome

Bikini è una derivazione dal nome marshallese Pikinni che deriva da "Pik", che significa "superficie", e da "Ni", che significa "palma da cocco". La municipalità è stata chiamata in passato anche con i nomi di Eschscholtz Islands (Kotzebue) nel 1825, Brown e Dowsett nel 1834.

Bikini ha dato il nome al famoso costume da bagno femminile.

Popolazione

La popolazione residente è costituita da un limitato numero di custodi.

Popolazione
Anno 1958 1967 1973 1980 1988 1999 2011
Abitanti 0 0 75 0 10 13 9

Storia

Il navigatore ed esploratore Otto von Kotzebue chiamò Bikini "Atollo Eschscholtz" in onore dello scienziato Johann Friedrich von Eschscholtz.

Nel 1946 l'atollo divenne un poligono nucleare americano, con l'operazione Crossroads che misurò gli effetti di una bomba nucleare su una flotta in alto mare. Altri test continuarono fino al 1958, quando su Bikini vennero sperimentate le devastanti bombe nucleari all'idrogeno. Nel giro di dodici anni l'atollo di Bikini e il vicino atollo di Enewetak furono sottoposti a sessantasette esperimenti nucleari, inclusa la cosiddetta operazione Castle Bravo, nome in codice della bomba all'idrogeno fatta esplodere a Bikini. Nel 1946, prima dell'inizio di questi esperimenti, la popolazione venne evacuata sull'atollo di Rongerik, con la promessa che sarebbe potuta ritornare alla fine dell'esperimento.

Tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta alcune persone originarie dell'arcipelago vi fecero ritorno, partendo da Kili. Furono però allontanate a causa della elevata radioattività. Dal 1997 l'atollo è stato dichiarato nuovamente abitabile, ma attualmente le isole rimangono disabitate. Gli abitanti hanno mosso causa infruttuosamente agli Stati Uniti per essere risarciti. Dal 2013 gli ex-abitanti di Bikini sono coperti per le eventuali cure mediche e ricevono un sussidio di circa 550 dollari al mese per ogni individuo.[senza fonte]

A distanza di settant'anni dall'inizio delle esplosioni nucleari, un gruppo di ricercatori della Columbia University di New York, nello studio Measurement of background gamma radiation in the northern Marshall Islands pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha rilevato come sull'isola di Bikini la radioattività dovuta al cesio sia superiore a quanto previsto dagli accordi tra Stati Uniti e Repubblica delle Isole Marshall. L'isola pertanto non può essere ripopolata perché insalubre.

Nel 2010 è stato riconosciuto come patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ Municipalities of the Marshall Islands, su statoids.com, http://www.statoids.com/ymh.html. URL consultato il 19 ottobre 2014.
  2. ^ Autumn S. Bordnera, Danielle A. Crosswella, Ainsley O. Katza, Jill T. Shaha, Catherine R. Zhanga, Ivana Nikolic-Hughesa, Emlyn W. Hughesa e Malvin A. Rudermand, Measurement of background gamma radiation in the northern Marshall Islands, in Proceedings of the National Academy of Sciences, giugno 2016.
  3. ^ a b Claudia Grisanti, I siti dei test nucleari sono ancora radioattivi dopo settant’anni, 12 giugno 2016.
  4. ^ I canali di Amsterdam diventano Patrimonio dell'Unesco, su corriere.it, 2 agosto 2010. URL consultato il 19 ottobre 2014.

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