Caso (linguistica)

Oggi Caso (linguistica) è un argomento sulla bocca di tutti, sia per la sua importanza nella società odierna, sia per la sua rilevanza storica o per il suo impatto sulla vita quotidiana delle persone. Caso (linguistica) è da tempo oggetto di studio, dibattito e interesse e la sua influenza è percepibile in diversi aspetti della vita quotidiana. In questo articolo esploreremo in modo approfondito l’importanza di Caso (linguistica), analizzando le sue implicazioni in diversi contesti e il suo ruolo nella società contemporanea. Inoltre, ne approfondiremo la storia, la sua evoluzione nel tempo e la sua attualità, con l'obiettivo di offrire una visione completa e dettagliata di questo argomento ampio e diversificato.

In linguistica, il caso è una categoria grammaticale che consiste nella modificazione di un nome a seconda della sua funzione logica (soggetto, complemento diretto, complemento indiretto, ecc.).

In alcune lingue, sia moderne sia antiche, ogni parola assume forme diverse a seconda della funzione svolta nella frase. In italiano, la declinazione secondo il caso è ormai decaduta per quanto riguarda nomi e aggettivi. Tali parole assumono sempre la stessa forma per qualunque funzione assolta nel periodo (soggetto, complemento). Ad esempio, in italiano, la parola cane è sempre la stessa in ogni ambito della frase: il cane azzannò la pecora, ho dato da mangiare al cane, la cuccia del cane ecc. D'altra parte, i pronomi personali (Io, tu, egli, ella, essi) assumono una forma diversa a seconda del ruolo svolto: io mangio, ma il coccodrillo mangia me: essi, infatti, sono l'ultimo retaggio delle declinazioni latine.

La funzione logica dei casi può essere svolta anche da una preposizione, come ad esempio accade in italiano, o da una posposizione, come accade nel giapponese. Quindi mentre in latino si dice ad esempio lib-er, libr-i, libr-o, in italiano abbiamo il libr-o, del libr-o, al libr-o. I due meccanismi (casi e pre/posposizioni) solitamente coesistono nella stessa lingua (es. latino ad urbem, costituito dalla preposizione ad e dall'accusativo urbem).

Storia

I grammatici greci riconobbero e codificarono la nozione di caso: la parola greca che indica il caso, πτῶσις ptṑsis, deriva dal verbo πίπτω pìptō, "cadere", perché secondo la loro sensibilità le parole flesse "cadevano" (cioè "arrivavano" all'ascoltatore) ora in un modo, ora in un altro, a seconda dei vari casi in cui potevano presentarsi. Il termine stesso rivela la consapevolezza che si trattasse di una nozione sofisticata ed astratta. La nozione era già ampiamente conosciuta e trattata nei temi di Aristotele ma venne poi raffinata dagli stoici e in generale dai grammatici del periodo ellenistico.

Conseguenze sulle costruzione della frase

Nelle lingue che presentano una certa ricchezza flessionale, l'ordine delle parole è più libero, perché il caso è espresso dalla morfologia e non obbligatoriamente dall'ordine delle parole, a cui possono essere affidati altri compiti quali la manifestazione della struttura comunicativa dell'enunciato: ad esempio, la frase latina Petrus Paulum salutat è equivalente a Paulum Petrus salutat per quanto riguarda le relazioni morfo-sintattiche espresse, ma diverso è l'apporto comunicativo: infatti nel primo enunciato il rema è costituito da "Paulum salutat", mentre nel secondo da "Petrus salutat".

La posizione delle parole nella frase è invece fondamentale per lingue che non manifestano morfologicamente il caso, come ad esempio l'italiano o le altre lingue europee; infatti in lingue SVO come queste è necessario, tranne casi particolari, utilizzare la costruzione soggetto + predicato + complemento oggetto + complementi indiretti perché l'inversione di una di queste parti del discorso potrebbe modificare il significato dell'enunciato.

Esempio: Laura ha invitato Francesco al cinema. Non si può invertire il soggetto (Laura) con il complemento oggetto (Francesco), altrimenti sarebbe inteso che è Francesco che ha invitato Laura al cinema.

Nell'inglese la costruzione della frase è ancora più rigida che in italiano: per compensare questa rigidità sintattica e segnalare il rema dell'enunciato l'inglese può ricorrere all'accento, alla diatesi passiva, alle frasi scisse, ecc.

I casi nelle lingue antiche

Indoeuropeo

L'antico proto-indoeuropeo ricostruito comprendeva per la flessione nominale otto casi: il nominativo, il genitivo, il dativo, l'accusativo, il vocativo, l'ablativo, lo strumentale e il locativo. Il sanscrito e il lettone li conservano tutti.

Latino

Di quegli otto casi, il latino ne conserva sei, che sono di solito elencati in questo ordine:

Esistono poi alcune vestigia di un caso locativo: domi significa "in casa". Alcuni casi (accusativo, ablativo, in parte il genitivo) possono anche essere preceduti da una preposizione che cambia il loro significato.

Esempio di declinazione

Un esempio di declinazione latina è un nome maschile della II declinazione: lupus, -i

  • Singolare
    • Nominativo: lupus (il lupo, soggetto)
    • Genitivo: lupi (del lupo)
    • Dativo: lupo (al lupo)
    • Accusativo: lupum (il lupo, oggetto)
    • Vocativo: lupe (oh, lupo!)
    • Ablativo: lupo (a causa del lupo, per mezzo del lupo, etc.)
  • Plurale
    • Nominativo: lupi (i lupi, soggetto)
    • Genitivo: luporum (dei lupi)
    • Dativo: lupis (ai lupi)
    • Accusativo: lupos (i lupi, oggetto)
    • Vocativo: lupi (oh, lupi!)
    • Ablativo: lupis (a causa dei lupi, per mezzo dei lupi, etc.).

Ad esempio, la frase In silvam lupum misi significa Mandai il lupo nella foresta perché lupum nel contesto è accusativo singolare.

Come si può facilmente notare dall'esempio, la stessa parola, ad esempio lupis, può appartenere a più di un caso: sta quindi al lettore interpretarla opportunamente.

Greco antico

Degli otto casi dell'indoeuropeo, il greco antico ne conserva cinque, che sono di solito elencati in questo ordine:

  • nominativo
  • genitivo
  • dativo
  • accusativo
  • vocativo

Le funzioni dell'ablativo sono state assorbite dal genitivo e dal dativo, eventualmente accompagnati da preposizioni (es. ἐν + dativo → ἐν πάσαις ταῖς πόλεσιν → in tutte le città)

Esempio di declinazione

Un esempio di declinazione greca antica è un nome maschile della II declinazione: ἄνθρωπος, -ου

  • Singolare
    • Nominativo: ὁ ἄνθρωπος (l'uomo, soggetto)
    • Genitivo: τοῦ ἀνθρώπου (dell'uomo)
    • Dativo: τῷ ἀνθρώπῳ (all'uomo)
    • Accusativo: τὸν ἄνθρωπον (l'uomo, oggetto)
    • Vocativo: ὦ ἄνθρωπε (oh, uomo!)
  • Duale
    • Nominativo: τὼ ἀνθρώπω (i due uomini, soggetto)
    • Genitivo: τοῖν ἀνθρώποιν (dei due uomini)
    • Dativo: τοῖν ἀνθρώποιν (ai due uomini)
    • Accusativo: τὼ ἀνθρώπω (i due uomini, oggetto)
    • Vocativo: ὦ ἀνθρώπω (oh, voi due uomini!)
  • Plurale
    • Nominativo: οἱ ἄνθρωποι (gli uomini, soggetto)
    • Genitivo: τῶν ἀνθρώπων (degli uomini)
    • Dativo: τοῖς ἀνθρώποις (agli uomini)
    • Accusativo: τoὺς ἀνθρώπους (gli uomini, oggetto)
    • Vocativo: ὦ ἄνθρωποι (oh, uomini!)

Sumero

Il sumero, una lingua non indoeuropea, possedeva undici casi: assolutivo, ergativo, genitivo, locativo, dativo, collettivo-strumentale (comitativo), ablativo, di luogo-direzionale (locativo-terminativo), comparativo (equativo), di motivo (causale)

I casi nelle lingue moderne

Italiano

L'italiano, come la maggior parte delle lingue romanze, nella sua evoluzione ha perso completamente l'uso dei casi, ma ne restano alcuni relitti nella flessione dei pronomi personali; si vedano ad esempio il nominativo, l'accusativo e il dativo nella prima persona singolare: io (N), me (A), mi (A e D) o alla seconda persona singolare tu (N), te (A), ti (A e D) o ancora la terza egli/ella (N), lo-lui/la-lei (A), gli/le (D). Questo fenomeno appare anche per i pronomi relativi "che" (N e A), "cui" (D). Anche l'articolo determinativo, nella forma della preposizione articolata, può essere visto come una declinazione, sebbene non derivi da una declinazione precedente:

Maschile Femminile
Nominativo il/lo la
Genitivo del/dello della
Dativo al/allo alla
Accusativo il/lo la
Ablativo dal/dallo dalla
Locativo nel/nello nella
Strumentale col/collo colla

Tedesco

Il tedesco possiede quattro casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo. Le funzioni del vocativo sono svolte dal nominativo, quelle dell'ablativo generalmente dal dativo. Il genitivo viene usato anche con preposizioni come statt ("invece di"), trotz ("nonostante"), während ("durante") e wegen ("a causa di"). È possibile indicare possesso usando il caso genitivo o la costruzione von + dativo, ma nel parlato è più diffusa quest'ultima.

Romeno

Il romeno possiede cinque casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo e vocativo. Le funzioni dell'ablativo sono generalmente svolte dal dativo.

Inglese

L'inglese ha perso l'uso dei casi nella flessione del nome, se non il cosiddetto genitivo sassone, che è un possessivo che riflette un antico genitivo singolare, il caso accusativo per quanto riguarda i pronomi personali (pronomi complemento) e alcuni relitti come la declinazione del pronome interrogativo-indefinito who: whose (genitivo), whom (accusativo).

Greco moderno

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua greca moderna.

Nel greco moderno esistono solo quattro casi: nominativo, genitivo, accusativo e vocativo. Talvolta, in alcuni modi di dire o in alcune frasi fatte, sono presenti relitti di caso dativo.

Lingue slave

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingue slave.

Il polacco, lo sloveno, il ceco, lo slovacco, il russo, e in generale buona parte delle lingue slave hanno sei (o sette) casi. Fanno eccezione il bulgaro e il macedone che conservano solo tracce dei casi nei pronomi. Rispetto al latino mancano del vocativo (salvo il ceco, polacco, serbo-croato e ucraino), ma in compenso al posto dell'ablativo hanno altri due casi:

  • locativo - è sempre preceduto da preposizione (infatti è anche chiamato prepositivo) e, a seconda di quest'ultima, indica complementi diversi come stato in luogo o di argomento (Mario studia a casa, Parlavamo di te).
  • strumentale - indica il mezzo ed il modo (Mario studia con un libro, Mario legge ad alta voce).

Lingue baltiche

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingue baltiche.

Le lingue baltiche conservano tutti i casi dell'indoeuropeo salvo l'ablativo. Il lettone presenta sincretismo: al singolare, lo strumentale è identico all'accusativo; al plurale al dativo.

Lingue ugrofinniche

Una peculiarità delle lingue appartenenti al gruppo ugrofinnico è quello di avere una grande quantità di casi.

Il finlandese ha 15 casi, e l'estone ne ha 14:

  • nominativo - utilizzato esclusivamente come soggetto al singolare, al plurale può essere anche complemento oggetto
  • genitivo - indica possesso. Al singolare coincide con la forma dell'accusativo
  • accusativo - è l'oggetto della frase. In realtà non ha una desinenza propria (eccetto che per i pronomi personali), ma usa il nominativo e il genitivo al singolare, e solo il nominativo al plurale
  • partitivo - indica principalmente la parte di una cosa o una quantità indefinita (Sul tavolo ci sono dei libri), ma alcuni verbi reggono il partitivo a prescindere dal suo significato intrinseco
  • inessivo - indica lo stato in luogo interno (Mario è in ufficio).
  • elativo - indica il moto da luogo interno o la provenienza (Mario si alza dal letto). Inoltre indica il complemento di argomento (Mario parla di te).
  • illativo - indica il moto a luogo interno (Mario mette lo zucchero nel caffè).
  • adessivo - indica lo stato in luogo esterno (Il libro è sul tavolo), oppure il mezzo con cui si svolge un'azione o il modo in cui si compie (Mario studia con un libro). Inoltre fa le veci del dativo nell'espressione "io ho un libro" che viene tradotta come "a me è un libro"
  • allativo - indica il moto a luogo esterno (Il libro è caduto sul pavimento), oppure un complemento di termine (Mario ha scritto a Luigi).
  • essivo - indica il predicativo di modo o qualità (Mario studia da medico).
  • traslativo - indica il predicativo di divenire (Mario è diventato medico).
  • abessivo - indica la mancanza (Mario è senza soldi).
  • comitativo - indica la compagnia o l'unione (Mario va in Finlandia con sua moglie).
  • istruttivo - indica la modalità o il mezzo (L'ho visto con i miei occhi).

Nel finlandese i casi vengono impiegati oltre che per la declinazione nominale anche per la coniugazione verbale. Ad esempio il I infinito lungo, che indica finalità, è detto anche traslativo, proprio perché impiega il medesimo morfema utilizzato per la declinazione nominale.

I casi nelle lingue del mondo

Lo stesso argomento in dettaglio: Lista di casi grammaticali.
Caso Significato Esempio Lingue (Esempi)
Abessivo mancanza di qualcosa senza l'insegnante finlandese
Ablativo allontanamento, provenienza dall'insegnante latino, sanscrito, finlandese, sumero
Accusativo oggetto diretto o direzione l'insegnante (oggetto) romeno, finlandese, tedesco, latino, greco, lingue slave, lituano, arabo, ungherese, lettone
Adessivo vicino a vicino all'insegnante finlandese, lituano (arcaico)
Allativo o direttivo moto verso luogo verso l'insegnante basco, finlandese, ungherese, lituano (arcaico), tibetano, sumero
Assolutivo soggetti di verbi intransitivi; oggetti di verbi transitivi l'insegnante (soggetto o oggetto) lingue ergative
Causativo valore causale - sumero
Comitativo insieme a con l'insegnante basco, finlandese, estone, ungherese, tibetano, tamil, sumero
Dativo direzione o ricevente; oggetto indiretto all'insegnante romeno, tedesco, latino, greco, lingue slave, lituano, hindi, sumero, lettone
Dedativo (rispettivo) affinità legato all'insegnante quenya
Delativo provenienza (usato solo con pochi pronomi solo al singolare) da lì, da laggiù
Delimitativo (genitivo locale) appartenenza locale dell'insegnante, appartenente all'insegnante basco
Elativo movimento verso l'esterno fuori di casa finlandese, estone, ungherese
Ergativo soggetto, che compie un'azione con un verbo transitivo l'insegnante (costruisce una casa...) basco, samoano, tibetano, inuktitut, sumero, georgiano.
Essivo caratterizzante una condizione in qualità di insegnante finlandese, egizio medio, estone
Genitivo possesso, rapporto dell'insegnante romeno, finlandese, tedesco, latino, greco, svedese, lingue slave, tibetano, sumero, lettone, estone
Illativo movimento verso l'interno in casa finlandese, lituano (lo stesso del locativo), estone
Inessivo dentro in casa basco, finlandese, estone, ungherese, lituano (lo stesso del locativo)
Locativo luogo in casa sanscrito, lettone, lingue slave, tibetano, lituano, sumero, latino arcaico
Nominativo soggetto l'insegnante tedesco, latino, greco, lingue slave, arabo, lituano, romeno, lettone
Caso obliquo in un determinato sistema, unico caso diverso da nominativo, accusativo, vocativo; collettivamente, tutti i casi diversi da nominativo, accusativo, vocativo vari usi zazaki, francese antico, arabo
Oppositivo usato per descrivere la situazione di due cose identiche che si fronteggiano faccia a faccia, fianco a fianco finlandese
Partitivo quantità un po' d'insegnanti basco, finlandese
Perlativo moto lungo o attraverso qualche cosa - kuku-yalanji, tocario
Possessivo possesso che appartiene all'insegnante basco, quenya
Pospositivo caso davanti a posposizioni insegnante + posposizione hindi
Prepositivo caso dopo preposizioni preposizione + insegnante russo
Prolativo (1) movimento su superficie per la casa
Prolativo (2) complemento di mezzo via posta
Prolativo (3) per o al posto di per l'insegnante basco
Rispettivo (dedativo) relazione in relazione all'insegnante quenya
Situativo rapporto spaziale l'uno dentro l'altro, l'uno contro l'altro
Strumentale o istruttivo caratterizzazione dell'uso con l'insegnante sanscrito, basco, finlandese, ungherese, lingue slave, lettone
Sublativo usato per descrivere il luogo verso cui qualcosa va (solo con i pronomi) dove (pronome relativo), in/a molti posti
Superessivo Posizionamento laggiù, in altro luogo finlandese
Tendenziale direzione di un movimento verso l'insegnante basco
Terminativo fine di un movimento o di un periodo di tempo fino all'insegnante basco, estone, tibetano, sumero
Translativo cambio di condizione (diventare) un insegnante finlandese, ungherese
Vocativo appello o insegnante! latino, greco, sanscrito, lituano, croato, polacco, ceco, ucraino, romeno, lettone

Note

  1. ^ Scheda su treccani.it.
  2. ^ Questo fenomeno in linguistica si chiama sincretismo.
  3. ^ M. D’jakonov, La lingua sumerica (traduzione di A. Luca de Martini)
  4. ^ Le forme toniche in -e possono essere solo accusativo (a meno che una preposizione non ne cambi la funzione), mentre quelle atone in -i possono avere sia funzione di accusativo che di dativo; la loro distribuzione e il loro uso sono regolati da complesse norme sintattiche.
  5. ^ Le preposizioni articolate formate dalla preposizione con sono oggi raramente utilizzate e, sebbene la pronuncia rispecchi questa grafia, è più usuale scriverle in forma separata (con il/la).
  6. ^ a b c d e f g Più propriamente considerato un caso avverbiale

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