Le mie prigioni

In questo articolo parleremo di Le mie prigioni, un argomento di grande attualità oggi. Le mie prigioni è una questione complessa che copre diversi aspetti che riguardano la società nel suo insieme. Dal suo impatto sull’economia alla sua influenza sulle relazioni personali, Le mie prigioni è una questione che non lascia nessuno indifferente. In questo articolo esploreremo i diversi approcci e prospettive esistenti attorno a Le mie prigioni, con l'obiettivo di offrire una comprensione più completa e approfondita di questo argomento molto rilevante.

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Le mie prigioni (disambigua).
Le mie prigioni
La copertina di un'antica edizione Salani
AutoreSilvio Pellico
1ª ed. originale1832
Generememorie
Lingua originaleitaliano
AmbientazioneMilano, Venezia, Moravia, 1820 - 1830
ProtagonistiSilvio Pellico

Le mie prigioni è un libro di memorie scritto da Silvio Pellico e pubblicato nel 1832.

Descrizione

Si articola in un arco di tempo che va dal 13 ottobre 1820, data in cui l'autore venne arrestato a Milano per la sua adesione ai moti carbonari, al 17 settembre 1830, giorno del suo ritorno a casa. In esso Pellico descrive la sua esperienza di detenzione - prima ai Piombi di Venezia, poi nel carcere dello Spielberg di Brno e infine in un ufficio londinese - accomunata a quella dell'amico Piero Maroncelli, dopo che la condanna a morte, a seguito del celebre processo Maroncelli Pellico, fu commutata in detenzione al carcere duro.

L'opera ebbe così tanta fortuna presso i contemporanei dello scrittore che divenne il libro italiano più famoso e letto nell'Europa dell'Ottocento. Maroncelli stesso scrisse delle Addizioni alle Mie prigioni di Silvio Pellico.

Silvio Pellico allo Spielberg (litografia).

Storia editoriale

Silvio Pellico ne iniziò la stesura nel 1831, incoraggiato dal proprio confessore, per poi pubblicarlo nel 1832.

Grazie al ministro Barbaroux, in carica a quel tempo, il libro riuscì a superare i problemi derivanti dalla censura e ad essere pubblicato dall'editore torinese Bocca nel mese di novembre del 1832. L'opera godette subito di una vasta popolarità in tutta Europa. I democratici e i progressisti sabaudi tuttavia accusarono l'autore del libro di eccessiva indulgenza verso gli oppressori Austriaci e anche di clericalismo a causa dei continui riferimenti a Dio e alla religione cattolica presenti nel memoriale.

Nel 1843 comparvero, nella traduzione francese, i capitoli aggiunti (redatti sempre nel 1832) che facevano parte di un'opera a carattere autobiografico di più ampio respiro, che lo scrittore non portò a termine, riguardanti il periodo immediatamente successivo alla sua liberazione.

Tale libro, descrivendo con realismo l'asprezza del carcere austriaco dello Spielberg (in ceco Špilberk, oggi nella Repubblica Ceca) e del regime asburgico, e di cui il primo ministro austriaco Metternich ammise che danneggiò l'immagine dell'Austria più di una guerra perduta, contribuì a volgere verso i primi moti risorgimentali italiani molte simpatie dei salotti e degli intellettuali europei.

Temi

Nella descrizione dei lunghi anni di prigionìa si rivelano al lettore i tesori spirituali che si ricavano dal dolore; la bontà, l'amore e l'umanità sono presenti anche dove non ci si aspetta che esistano. Pellico inoltre mostra sempre di avere una grande fiducia negli uomini e in Dio. La sensibilità dello scrittore ben si evince dalla semplice umanità delle figure che compaiono: il mutolino, Maddalena, Zanze e il carceriere Schiller, un vecchio burbero e scontroso, ma profondamente buono nell'animo, al quale ripugna l'umiliante compito a cui deve assolvere.

Opere derivate

Note

  1. ^ In via Barbaroux n. 20, Silvio Pellico scrisse "Le Mie Prigioni", su Civico 20 News, 31 luglio 2014. URL consultato il 9 maggio 2022.
  2. ^ Elena Lisa, L'orrore dello Spielberg rinato in via Barbaroux, in La Stampa, 25 settembre 2011. URL consultato il 9 maggio 2022.
  3. ^ Angelo Romanò, Silvio Pellico, Brescia, Morcelliana, 1949, p. 160.
    «Schiller ci appare quindi come il simbolo di un mondo che ha toccato il male e l'infelicità, che giorno per giorno vive immerso in esso e che tuttavia ha una sua parte non contaminata da esso. Le mie prigioni ci danno questo insegnamento incalcolabile: da un libro che poteva essere disperato e sarcastico risulta invece un sorriso che allude a tanta pena e la fa dimenticare, che fa pensare a tanti giorni come quelli dello Spielberk con gli antri dove languono uomini giovani e il chiasso delle chiavi agitate e nello stesso tempo apre dietro ad essi un mondo infinito.»

Altri progetti

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàBNE (ESXX2456144 (data)