Lingua etrusca

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Etrusco
Parlato inEtruria
Periodofine VIII secolo a.C.I secolo d.C. (50 d.C.)
Locutori
Classificaestinta
Altre informazioni
ScritturaAlfabeto etrusco
Tipoagglutinante
Tassonomia
FilogenesiLingue tirreniche
 Lingua etrusca
Codici di classificazione
ISO 639-3ett (EN)
Glottologetru1241 (EN)
Lingue tirseniche

La lingua etrusca è stata una lingua tirrenica che fu parlata e scritta dagli Etruschi adottando l'alfabeto euboico di Calcide probabilmente a Pithecusa nell'VIII secolo a.C., sull'isola di Ischia, o a Cuma. Era diffusa in diverse zone d'Italia ma principalmente in Etruria, che comprende le odierne Romagna, parte dell'Emilia, Toscana, Umbria occidentale e Lazio settentrionale.

Origini e storia

Cippo di Perugia (III-II secolo a.C.)
L'albero della famiglia linguistica tirrenica, così come proposto da de Simone e Marchesini (2013)

La lingua etrusca è attestata da circa 13 000 iscrizioni (7500 testi), datate tra l'VIII secolo a.C. e il I secolo a.C., rinvenute tra Lazio (Roma, Satricum, Praeneste), Toscana, Umbria occidentale, parte della pianura padana, in particolare il Veneto (Adria), l'Emilia-Romagna (FelsinaBologna, Spina, Marzabotto) e Mantova, e alcune aree della Campania attorno a Capua e a Pontecagnano, a Nola e a Suessula. Iscrizioni etrusche sono state anche rinvenute a Genova, a Busca e Mombasiglio in provincia di Cuneo, a Lattes e Pech Maho in Francia, ad Aleria in Corsica, e, risalenti al I secolo a.C., a Uadi Milian, in Tunisia.

L'etrusco è considerato una lingua preindoeuropea e paleoeuropea, ma il rapporto dell'etrusco con le lingue indoeuropee, come afferma Massimo Pallottino, è complesso e indiscutibile. Il linguista italiano Giacomo Devoto sostenne per la lingua etrusca la definizione di peri-indoeuropea, perché l'etrusco presenta caratteri ibridi indoeuropei e non indoeuropei ("anaindoeuropei").

Alcuni studiosi, tra cui il linguista tedesco Helmut Rix, collegano l'etrusco alla lingua retica, parlata dai Reti nell'area alpina almeno fino al I secolo a.C., teorizzando l'esistenza di una famiglia linguistica tirrenica. Sulla scia di Rix, successivi studi di Stefan Schumacher, Norbert Oettinger, Carlo De Simone e Simona Marchesini hanno ipotizzato che retico ed etrusco discendano da un "tirrenico comune", che non appartiene alla famiglia indoeuropea e dal quale si sarebbero divisi in tempi remoti, in un periodo della preistoria antecedente all'età del Bronzo.

Anche la lingua attestata nelle iscrizioni dall'isola di Lemno farebbe parte della stessa famiglia linguistica tirrenica, ma con un tempo di separazione tra lingua etrusca e lingua lemnia di molto successivo a quello tra lingua etrusca e lingua retica, compatibile con l'ipotesi che la lingua lemnia sia riconducibile a un'espansione protostorica di Etruschi da occidente, come già sostenuto da Carlo De Simone che vede nel lemnio la testimonianza di un insediamento piratesco etrusco nell'isola nella parte settentrionale del Mar Egeo avvenuto prima del 700 a.C., mentre alcuni linguisti avevano precedentemente ipotizzato che il lemnio appartenesse a un sostrato preistorico egeo o paragreco esteso dall'Asia Minore ai Balcani, alla Grecia e all'Italia.

Precedentemente linguisti come Francisco Rodríguez Adrados, la consideravano almeno in parte derivata dalle lingue indoeuropee, in particolare da quelle indoeuropee dell'Anatolia, come il luvio, mentre Paul Kretschmer la considerava protoindoeuropea. Per quanto sia verosimile che gli elementi indoeuropei nella lingua etrusca siano dovuti essenzialmente al substrato, o adstrato, villanoviano o proto-villanoviano originario dei campi d'urne, e a successivi contatti con le lingue italiche, in particolare il latino e l'umbro, ed in seguito con il greco antico.

A partire dal I secolo a.C. il latino sostituì gradualmente ma completamente l'etrusco, lasciando solo alcuni documenti e prestiti linguistici nel latino; per esempio persona (dall'etrusco φersu), e numerosi nomi geografici, tra cui Tarquinia, Volterra, Perugia, Mantova, Modena, forse Parma, e molti toponimi che terminano in "-ena/-enna", come Cesena, Bolsena, Siena, Chiavenna, Ravenna.

Testimonianze di una lingua affine nelle Alpi e Prealpi

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua retica e Lingue tirseniche.
Museo Retico di Sanzeno, Trento

La scrittura retica, le cui prime attestazioni appartengono al VI secolo a.C., è testimoniata da circa 280 iscrizioni testuali su 230 oggetti. Le iscrizioni retiche sono state trovate in un'area che comprende, in Italia, il Trentino, l'Alto-Adige e parte del Veneto settentrionale e occidentale, in Austria il Tirolo settentrionale, e la bassa Valle Engadina nel Canton Grigioni in Svizzera.

Tre autori antichi Tito Livio, Pompeo Trogo e Plinio il Vecchio ci tramandano il collegamento dei Reti con gli Etruschi.

Secondo lo storico latino Tito Livio i Reti discendono dagli Etruschi, ritirati sull'arco alpino a seguito delle invasioni celtiche nel nord Italia, e quindi inselvatichiti. Mentre Trogo sostiene che gli Etruschi occuparono le regioni alpine avendo perduto le sedi originarie. E lo storico latino Plinio il Vecchio fa derivare il nome Reti dal re eponimo "Reto", comandante delle popolazioni etrusche che, stanziate nell'area padana, furono costrette a riparare sui monti alpini dall'arrivo dei Galli.

Tra le prime iscrizioni trovate in lingua retica vi è la situla della Val di Cembra del IV secolo a.C., anche conosciuta come Situla Giovanelli, scoperta nel 1828 da Simone Nicolodi sul Doss Caslir di Cembra, comprata dall'allora sindaco di Trento Benedetto Giovanelli e oggi custodita al museo provinciale del Castello del Buonconsiglio. La situla, interamente in bronzo, era verosimilmente un recipiente che conteneva il vino da offrire agli Dei, durante le cerimonie religiose. L'iscrizione a carattere votivo è composta da cinque parole incise con alfabeto simile a quello etrusco e la lingua usata è classificata come retico centrale. Altra iscrizione scoperta nel 1845, dallo stesso Giovannelli, è la Situla di Matrei, dal nome delle località di Matrei am Brenner nel Tirolo austriaco dove è stata ritrovata, appartenente al V-IV secolo a.C., e che sarà per più di un secolo l'iscrizione retica più a nord mai rivenuta.

Di un collegamento linguistico tra retico ed etrusco parlerà proprio Giovanelli nel suo Dei Rezj. Dell'origini de' popoli d'Italia e d'una iscrizione rezio-etrusca, pubblicato a Trento nel 1844. Ma Giovanelli ribalterà la visione tradizionale tramandata dagli autori classici di lingua latina, sostenendo che furono gli Etruschi a migrare nel Centro Italia da nord, dai territori alpini dei Reti, e che quindi erano gli Etruschi a discendere dai Reti, e non viceversa.

In sintonia con Giovanelli anche una serie di autorevoli archeologi e storici dell'Ottocento, come Barthold Georg Niebuhr, Karl Otfried Müller, Theodor Mommsen, Wolfgang Helbig, Gaetano De Sanctis e Luigi Pareti, che ritengono gli Etruschi come originari delle Alpi e discendenti dai Reti.

Testimonianze di una lingua affine nel Mar Egeo

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua lemnia, Lingue tirseniche e Tirreni.
Stele di Kaminia, isola di Lemno (circa 510 a.C.).

Nel 1885 fu trovata, nell'isola greca di Lemno, in località Kaminia, la stele di Lemno, una doppia iscrizione incorporata nella colonna di una chiesa. Tale iscrizione sembra testimoniare una lingua pre-ellenica in tutto simile a quella degli Etruschi. Secondo il massimo storico greco Tucidide, l'isola di Lemno sarebbe stata abitata da gruppi di Τυρσηνοί (Tyrsēnòi - "Tirreni", il nome greco degli Etruschi), e il ritrovamento ha fornito la prova sicura che in quell'isola dell'Egeo, ancora nel VI secolo a.C., era parlata una lingua strettamente affine all'etrusco. L'iscrizione di Lemno è stata reperita su una pietra tombale sulla quale è scolpito un guerriero. L'iscrizione corre intorno alla testa e lungo un lato della figura del guerriero, ed è redatta in un alfabeto greco epicorico del VI secolo a.C. Fra le parole chiaramente leggibili ve ne sono due: aviš e sialchveiš, che vengono confrontate con le parole etrusche avil "anno" e sealch, il numerale "40". L'iscrizione di Lemno fu pubblicata per la prima volta dal filologo svedese Ernst Nachmanson nel 1908.

Tracce degli Etruschi appaiono in alcuni nomi di località dell'Egeo: uno degli esempi è Μύρινα Mýrina (affine al nome gentilizio etrusco Murina di Tarquinia e Chiusi) e nomi di città nella stessa Lemno. Alcuni linguisti hanno rintracciato affinità non sicure fra nomi etrusco-latini e nomi di persona presenti nelle tavolette in Lineare B di Cnosso: per esempio ki-ke-ro. Questi dati vengono interpretati da alcuni studiosi come indizio dell'origine orientale degli Etruschi, mentre sono considerati, al contrario, un segno di rapporti di fine età del bronzo fra Mediterraneo occidentale e orientale, da altri studiosi, che integrano la testimonianza dell'iscrizione di Lemno con quella dei geroglifici egizi di Medinet Habu, che parlano dei Popoli del Mare, ed elencano fra gli invasori anche i Trš.w (nelle iscrizioni geografiche sono presenti le varianti Twrwšʾ.w, Twrjšʾ.w e Twjrš.w) nome che è stato confrontato con il greco Turs-anòi (dorico) e Tyrs-enòi (ionico) e Tyrrh-enoi (attico) e con il latino Tus-ci (da *Turs-ci) ed E-trus-ci.

Lo storico olandese Luuk de Ligt, sulla base di un'iscrizione eteocretese trovata a Praisos, nella parte orientale di Creta, che si ritiene scritta in una lingua indoeuropea appartenente al ramo osco-umbro delle lingue italiche, ipotizza che questo linguaggio sia arrivato a Creta durante la tarda età del Bronzo, quando i Micenei reclutarono mercenari provenienti dalla Sicilia, dalla Sardegna e da altre zone della penisola italiana. Quando il sistema di potere miceneo collassò attorno al 1200 a.C., alcuni di questi gruppi si sarebbero così trasferiti nelle isole dell'Egeo settentrionale, a Cipro, e in alcune zone costiere del Levante. Secondo questa ricostruzione anche la presenza nel VI secolo a.C. nell'isola di Lemno di una comunità che parlava una lingua simile all'Etrusco sarebbe dovuta a questi movimenti, e quindi spiegabile come un insediamento etrusco nel Mar Egeo. Dello stesso avviso il linguista Carlo De Simone, e l'archeologo austriaco Reinhard Jung che collega questi movimenti di guerrieri dall'Italia nell’Egeo, e dall’Egeo al Vicino Oriente, ai Popoli del Mare.

Documentazioni dirette e indirette

Tabula Cortonensis, Cortona (II sec. a.C.)

Per la lingua etrusca disponiamo di due diversi tipi di documenti: i documenti diretti, ovvero quelli pervenutici in lingua etrusca (quasi esclusivamente per via epigrafica) e i documenti indiretti, ovvero citazioni di opere letterarie etrusche in testi di altre lingue (e perciò tradotti) o i glossari di parole etrusche in altre lingue.

Le iscrizioni etrusche sono numerose e in continuo accrescimento, in particolare quelle di carattere funerario od elogiativo. Hanno però spesso il difetto di essere molto brevi e di riportare quasi esclusivamente nomi propri di persone o di divinità.

Tra le iscrizioni più lunghe o di particolare interesse vi sono:

  • le Lamine di Pyrgi, ritrovate nel 1964 dove sorgeva la città etrusca di Pyrgi (ca. 50 km a nord di Roma, vicino a Santa Severa) e datate intorno al 509-508 avanti Cristo. Riportano la dedica di un tempio alla dea etrusca Uni da parte del "governatore" della città di Caere, Thefarie Velianas. Le tre lamine, incise su oro, portano sia l'iscrizione in etrusco (circa 50 parole) sia la traduzione in lingua cartaginese (fenicio) (non a caso questa iscrizione è stata definita "bilingue"), caratteristica che ne ha in parte permesso la traduzione.
  • il Liber linteus, ritrovato in Egitto a metà del XIX secolo, è il più lungo testo in lingua etrusca di cui disponiamo. Si tratta di un drappo di lino suddiviso in dodici riquadri rettangolari, utilizzato per bendare la mummia di una donna. L'iscrizione fu riportata dall'Egitto come cimelio dal croato Mihajlo Barić, ed è detta anche "Mummia di Zagabria" in quanto conservata nel museo archeologico di Zagabria. Il testo di circa 1200 parole, che reca un calendario rituale, fu riconosciuto e studiato solo alla fine del XX secolo.
  • la Tegola di Capua, una grossa iscrizione su una tegola di terracotta di argomento religioso contenente circa 300 parole, forse un calendario rituale. È particolarmente interessante perché il senso di scrittura delle righe è in forma bustrofedica (alternato da sinistra a destra e viceversa), piuttosto insolita per le epigrafi etrusche.
  • La Stele di Vicchio
  • Il Disco di Magliano, una laminetta circolare di piombo con un'iscrizione sui due lati, disposta a spirale; contiene circa 70 parole.
  • il Cippo di Perugia, un cippo confinario che presenta su due lati una lunga iscrizione di circa 136 parole.
  • la Tabula Cortonensis, una lamina in bronzo risalente al III o II secolo a.C. con iscrizioni in lingua etrusca, spezzata in otto parti di cui una mancante. La tavola, all'incirca delle dimensioni di un foglio A3, contiene 206 parole ed è considerata il terzo testo etrusco per lunghezza dopo la Mummia di Zagabria e la Tegola di Capua. Ritrovata a Cortona nel 1992, è con molta probabilità un atto notarile in cui si descrive una vendita di terreni.
  • un'iscrizione sul sarcofago di Laris Pulenas, conservato a Tarquinia; l'iscrizione è tracciata su un rotolo di pergamena che il defunto regge in mano e che ne descrive il cursus honorum.
  • vanno infine citati i dadi da gioco in avorio ritrovati a Tuscania, grazie ai quali conosciamo i nomi dei primi sei numerali in lingua etrusca.

Alfabeto

L'alfabeto etrusco in una tavola del 1739 tratta dagli Acta Eruditorum

L'alfabeto etrusco deriva da quello greco occidentale trasmesso dai Calcidesi, che fu introdotto in Italia meridionale e presso gli Etruschi intorno al 700 a.C. forse contemporaneamente e in luoghi diversi.

Dall'alfabeto etrusco, e in particolare da quello settentrionale, si ritiene derivino l'alfabeto venetico, l'alfabeto retico, l'alfabeto lepontico, l'alfabeto di Lugano, l'alfabeto camuno e il fuþark antico che è la variante più antica dell'alfabeto runico.

La scrittura è destrorsa o bustrofedica per un buon numero di iscrizioni precedenti alla metà del VI secolo a.C., mentre in seguito andrà da destra verso sinistra e in epoca tarda, per influsso latino, ritornerà in alcune iscrizioni destrorsa.

La divisione delle parole è indicata da puntini (·) o più raramente da spazi; in epoca arcaica quasi la totalità dei testi non aveva divisioni tra le parole (erano cioè in scriptio continua).

Nella seguente tabella, a fianco del carattere etrusco compare la lettera dell'alfabeto latino o greco che meglio lo approssima, segue il suggerimento fonetico:

Alfabeto etrusco
Arcaico Recente
Meridionale Settentrionale
Lettera Traslitterazione Valore fonetico (IPA) Lettera Traslitterazione Valore fonetico (IPA) Lettera Traslitterazione Valore fonetico (IPA)
a /a/ a /a/ a /a/
b b
c /k/ oppure /c, kˊ/ o /kˣ/[nota 1] c /k/, [nota 2] oppure /c, kˊ/ o /kˣ/[nota 1]
d d d
e /e/ e /e/ e /e/
ê
v /u̯/, /w/ v /u̯/, /w/ v /u̯/, /w/
z /t͡s/ z /t͡s/ z /t͡s/
h /h/ h /h/ h /h/
θ /tʼ/ oppure /tʰ/[nota 3] θ /tʼ/ oppure /tʰ/[nota 3] θ /tʼ/ oppure /tʰ/[nota 3]
i /i/, /i̯,/[nota 4] i /i/, /i̯/[nota 4] i /i/, /i̯/[nota 4]
k /k/ k /k/
l /l/, /l̥/[nota 5], /ɫ/[nota 6], /lʼ/[nota 7] l /l/, /l̥/[nota 5], /ɫ/[nota 6], /lʼ/[nota 7] l /l/, /l̥/[nota 5], /ɫ/[nota 6], /lʼ/[nota 7]
m /m/, /m̥/[nota 8] m /m/, /m̥/[nota 8] [nota 9] m /m/, /m̥/[nota 8]
n /n/, /n̥/, /ɲ/[nota 10] n /n/, /n̥/, /ɲ/[nota 10] n /n/, /n̥/, /ɲ/[nota 10]
o
p /p/ p /p/ p /p/
σ /ʃ/ oppure /ss/ ś /ʃ/ oppure /ss/ ś/ σ /ʃ/ oppure /ss/
q /k/
r /r/, /r̥/[nota 11], /rʼ/[nota 12] r /r/, /r̥/[nota 11] r /r/, /r̥/[nota 11]
s /s/ σ/ s /s/ σ/ s /s/
t /t/ t /t/ t /t/
u /u/ u /u/ u /u/, /u̯/[nota 13]
χs /s/
φ /pʼ/ o forse /pʰ/[nota 14] φ /pʼ/ o forse /pʰ/[nota 14] φ /pʼ/ o forse /pʰ/[nota 14]
χ /kʰ/ χ /kʰ/ χ /kʰ/
(vh) /f/ f /f/ f /f/

Varianti grafiche

  • — usato in Campania per la σ
  • Ø — usato a Chiusi per la h
  • — usato nell'agro di Siena per la m, forse derivato dal numerale =5 che è pronunciato maχ

Morfologia e sintassi

L'etrusco presenta una struttura morfologico-grammaticale dal carattere sintetico, specificamente agglutinante, come ad esempio il basco, il coreano, le lingue nipponiche, le lingue caucasiche, le lingue dravidiche, le lingue uraliche e le lingue altaiche, ed è probabile che fosse caratterizzato da un'ergatività di tipo passivo, una funzione grammaticale che condivide ad esempio col succitato basco, il berbero, le lingue australiane aborigene, le lingue maya ed il sumero. Alcuni inoltre ipotizzano che presentasse anche la corrispondenza semantica biunivoca, una funzionabilità verbale ravvisabile anche in alcune lingue uraliche del ceppo ugro-finnico.

Nome

Genere

In etrusco esistono due classi di nomi: nomi animati, che comprendono creature viventi, e nomi inanimati, che comprendono le cose. Inoltre, a partire dal VII secolo a.C., fu introdotto il genere per i nomi gentilizi.

Numero

Esistono due numeri: singolare e plurale.

Flessione

Caso Singolare Plurale
Nominativo-accusativo –, - -r, -χva (-cva, -va, -ua)
Genitivo -s/ vocale+ -s, -l/ vocale+ -l/ -al -rs
Locativo -i
Ablativo -s[nota 15], -al-s[nota 16]/ -ala-s[nota 17]
Pertinentivo -si[nota 18], -le[nota 19]

Le desinenze del plurale sono, a ora, due: -r per i nomi animati (sempre preceduta da a, e o u) e -χva per i nomi inanimati, che può diventare -cva se il tema del nome termina in dentale o -va (-ua) se è preceduto da palatale. Il suffisso del plurale è talvolta omesso con l'aggettivo e con il numerale.

La vocale di raccordo, che precede la -r di suffisso, rappresenta un residuo del tema preistorico (es. clan, "figlio" - clen-a-r). È stata supposta l'esistenza di un suffisso -θur per i nomi collettivi.

Es. clenar — (I) figli – da clan

flerχva — (I) sacrifici – da fler

cilθcva — (Le) arci – da cilθ

hupniva — (Le) nicchie – da hupni

telur hil — Confini (?) – da hil

avil XXVI — Anni 26 – da avil

Il nominativo-accusativo esprime la funzione di soggetto, complemento oggetto e predicativo; è usato anche come complemento di vocazione e “casus pendens”. Il locativo esprime la funzione di complemento di luogo, di tempo, di modo e di mezzo. Il genitivo esprime il possesso. L'ablativo esprime il complemento di origine e l'agente nella diatesi passiva. Il pertinentivo ha una funzione incerta e forse corrisponde al complemento d'agente esprimendo chi compie l'azione o chi ne è interessato.

Per i nomi di persona, come detto, è possibile determinare la distribuzione delle declinazioni:

  • nomi terminanti in vocale: genitivo, ablativo, pertinentivo I.
  • nomi terminanti in dentale, sibilante e femminili in -i: gen., abl., pert. II.
  • nomi terminanti in liquida: gen. I in -us (abl. -uis, pert. -usi).

I nomi di persona seguono regole particolari: benché in etrusco solitamente non ci sia distinzione di genere grammaticale, i nomi femminili, siano essi prenomi o gentilizi, vengono spesso marcati con -i o -ia. In Etruria meridionale il nominativo del gentilizio maschile viene marcato con -s.

In epoca tarda si diffonde un locativo in -e (< -a-i), mentre il suffisso -i è spesso soppiantato dalla particella -θi ("in, dentro") usata come posposizione; inoltre, sempre in epoca tarda, si trovano ablativi I in -es (< -a-is).

Molti sostantivi si formano dalle radici verbali, che in sé stesse rappresentano forme verbali finite.

zic → scrivere

zic-n → lo scritto, lo scrittore

zic-n-ce → egli ha scritto

Aggettivo

L'aggettivo etrusco accompagna il nome delineando una o più caratteristiche ed è indeclinabile.

Si forma con i suffissi -ne, -na, -av, -au, -ev, -c, -χ, -va o -ve partendo quasi sempre da un sostantivo.

Es. eisna — da “eis” «dio» — divino

huslne — da “husl” «giovane» — novello

eterav — da “etera” «socio» — sociale

eterau — da “etera” «socio» — sociale

macstrev — da “macstr” «magistrato» — magistratuale

zamθic — da “zamaθi” «oro» — aureo

Rumaχ — Romano

ati nacnuva — da “ati nacna” «nonna» — bisnonna

acalve — da “acala” «giugno» — relativo a giugno

Pronome

In etrusco il pronome si flette con una forma propria per l'accusativo.

Pronome personale

1ª persona
Caso Singolare Plurale
Nominativo mi -
Genitivo - -
Accusativo mini[nota 20] -

Es. mini mulveneke velθur pupliana — Mi donò Velthur Pupliana

Pronome dimostrativo

I pronomi dimostrativi in etrusco sono ika (scritto anche ica; eca, ca in età recente) e ita (o eta, ta in età recente) che possono essere enclitici. Tra ica e ita, quando sono in opposizione sembra esserci una differenza di vicinanza, maggiore (ica) o minore (ita) rispetto al parlante. Ica e ita possono avere anche la funzione di articoli enclitici.

Flessione

ika

Casi/ Numero Singolare Plurale
Nominativo ika- -
Accusativo ikan -
Genitivo I -i-caś -

eca

Casi/ Numero Singolare Plurale
Nominativo eca -
Accusativo ecn -
Genitivo I ecs -
Locativo + posposizione eclθi -

ca

Casi/ Numero Singolare Plurale
Nominativo ca -
Accusativo cn, cen -
Genitivo I -
Ablativo I -, ces -
Genitivo II cla -
Ablativo II clz (?) -
Pertinentivo II -cle -
Locativo cei (?) -
Locativo + posposizione clθi, celθi, clθ -
Locativo + posposizione calti -

ita

Casi/ Numero Singolare Plurale
Nominativo ita -
Accusativo itan, itun -
Genitivo I itaś (?) -
Genitivo II -itala, -itula -
Pertinentivo II -itale, -itule -
Locativo + posposizione -italte, -itultei -

eta

Casi/ Numero Singolare Plurale
Nominativo eta -
Accusativo etn- -

ta

Casi/ Numero Singolare Plurale
Nominativo ta -
Accusativo tn -
Genitivo I - -
Ablativo I teiś -
Genitivo II -tla -
Pertinentivo II -tle -
Locativo tei -

Es. ita tmia — Questo spazio

eca — Questo

selvans sanχuneta — Silvano, quello appartenente a Sanco

θapneś — Davanti a quello del calice

È dubbio se (i)σa sia un pronome possessivo enclitico ("suo") o un terzo pronome dimostrativo.

Pronomi relativi

I pronomi relativi in etrusco sono an e in, di cui non è ancora stato possibile cogliere le differenze.

Es. vel matunas larisaliσ´a an cn σ´uθi ceriχunce — Vel Matunas, il (figlio) di Laris; che questa tomba fece costruire.

Pronome interrogativo

Il pronome interrogativo è ipa, che ha anche funzione relativa.

Flessione
Casi/ Numero Singolare Plurale
Nominativo ipa -
Accusativo inpa -
Genitivo I ipaś -
Genitivo II ipal -
Locativo ipei -
Locativo + posposizione iperi -

Es. ipaś ikam — Di chi (è) questa cosa?

ipe ipa macθcva ama — Qualunque cosa i macθ siano

Verbo

Diatesi

I verbi possono avere due forme: una diatesi attiva e una passiva.

Modi

In etrusco esistono cinque modi finiti, il congiuntivo, l'imperativo, il necessitativo, l'ingiuntivo e il passato, e tre modi indefiniti, l'infinito, il participio e il sostantivo verbale (o supino).

Il tempo presente coincide con il tema del verbo.

Congiuntivo

Il congiuntivo etrusco ha valore di richiesta (iussivo) o di attesa (prospettivo).

Si ottiene con l'aggiunta del suffisso -a al tema.

Es. mena → dal tema men (costruire) con suffisso -a → bisogna costruire (richiesta)

Imperativo

Il modo imperativo. Coincide con il tema atematico del verbo, ossia con assenza della vocale finale.

Es. tur → dal tema turu (dedicare) con caduta della vocale finale → dedica!

Necessitativo

In etrusco il necessitativo esprime un bisogno necessario. Si forma con l'aggiunta del suffisso -ri al tema.

Es. θezeri → dal tema θeze (immolare) con suffisso -ri → bisogna (è necessario) immolare

Ingiuntivo

Il modo ingiuntivo esprime un'azione senza fare riferimento al tempo. Si ottiene dell'aggiunta del suffisso -e al tema.

Es. mulune → dal tema mulun(u) (donare) con suffisso -e → don(ò) (senza specificare il tempo)

Passato

Il passato corrisponde al passato italiano. Si forma con l'aggiunta del suffisso -ce (o -ke), per la forma attiva, e -χe, per la forma passiva, al tema verbale.

Es. acasce → dal tema acas (fare) con suffisso -ce → ha fatto

ziχuχe → dal tema ziχu (scrivere) con suffisso -χe → è stato scritto

Participio

Si ottiene dall'aggiunta del suffisso -θas (o -θasa) o -anas (o -nasa) al tema del verbo.

Sostantivo verbale

Esistono infine anche suffissi che formano nomi d'agente (-(a)θ; es. zilaθ - "colui che fa giustizia, pretore") e nomi d'azione (-il; es. ac-il - "opera", da ac-, "fare").

Vocabolario

Vocabolario etrusco (Marchesini 2009: 132-135):

Termini che riguardano elementi fisici o astronomici
Etrusco Italiano
avil ‘anno’
cel ‘terra’
pulumχva ‘stelle’
θesan ‘aurora’
θi ‘acqua’
tinia ‘giorno’
tiur ‘luna/mese’
una ‘conio’ (d’acqua?)
uśil ‘sole’
Termini di carattere familiare
Etrusco Italiano
apa ‘padre’
apa nacna, papa ‘nonno’
ati ‘madre’
ati nacn(uv)a, teta ‘nonna’
clan ‘figlio’
clanti ‘figlio adottivo’
huśur ‘ragazzi’
leinθ ‘vecchia’, ‘persona anziana’ (f.)
nefts ‘nipote’ (di zio/a)
puia ‘moglie’, ‘donna’?
prumaθs ‘pronipote’
papals ‘nipote’ (in riferimento al nonno)
seχ ‘figlia’
tetals ‘nipote’ (in riferimento alla nonna)
Nomi di animali
Etrusco Italiano
hiuls ‘civetta’
leu ‘leone’
θevru ‘toro’
tusna ‘cigno’
Verbi relativi a funzioni esistenziali
Etrusco Italiano
acnanas ‘avendo generato’
am- ‘essere’
amce ‘fu’
arce ‘innalzò’, ‘allevò’
cesu ‘fu sepolto’
lupu ‘morto’
svalce, svalθas ‘visse’, ‘aveva vissuto’
Termini di ambito funerario
Etrusco Italiano
cana ‘stele’
capra ‘sarcofago’
hinθial ‘morti’, ‘ombre’
man ‘pietra tombale’
murs ‘urna’
mutna ‘sarcofago’
śuθi ‘tomba’
śuθina ‘offerta funeraria’
tamera ‘camera funeraria’
tus ‘kline’
Nomi di vaso
Etrusco Italiano
aska ‘askos’
culiχna ‘coppa’
elaivana ‘vaso per olio’
fasena ‘askos’, ‘vaso per libagione’
leχtumuza ‘aryballos’, ‘piccolo vaso per unguenti’
pruχum ‘brocca, boccale’
qutum ‘brocca’
θina ‘orcio’
θafna, θapna ‘bicchiere’, ‘tazza’
spanti ‘piatto da libagione’
zavena ‘kantharos’, ‘vaso con due anse’
Nomi di ambito religioso
Etrusco Italiano
ais ‘dio’
aisna ‘rituale’, ‘sacrificio’
cletram ‘tavolo per il culto’ (?)
fase ‘libagione’
fler ‘numen’
flere ‘divinità’
netśvis ‘haruspex’
tamera ‘cella del tempio’
tmia ‘tempio’
tuθina ‘offerta votiva’
Nomi di ambito politico, sociale o bellico
Etrusco Italiano
lautni ‘liberto’
lautniθa ‘liberta’
macstrna ‘comandante’, ‘capo’ (magister)
mariś ‘servo’, ‘schiavo’
maru ‘funzionario’ (di un culto?)
meθlum ‘quartiere’, ‘territorio’
rasna ‘pubblico’
sacni ‘sacro’
spura ‘città’, ‘comunità’
tular ‘confine’
zilaθ ‘funzionario’ (praetor?)
Altri termini di uso frequente
Etrusco Italiano
acil(u) ‘fabbricante’, ‘vasaio’
al(i)ce ‘dette’, ‘dedicò’
malstria ‘specchio’
mi ‘io’
mlaχ/mlaka- ‘bello’, ‘buono’
muluvanece ‘donò’ (in ambito privato, v. sopra)
tur(u)ce ‘donò’, ‘dedicò’ (spesso in ambito sacrale)
trepu ‘artigiano’
ziχ ‘scritto’, ‘libro’
ziχu ‘scrittore’
ziχuχe ‘scrisse’
zinace ‘fece’, ‘realizzò’

Città

I nomi delle città:

Italiano Etrusco Latino
Arezzo Aret- (?) Arrētium
Bologna Felsina Bonōnia
Bolsena (Orvieto?) Velzna- Volsiniī
Capua Capua, Capeva Capua
Cerveteri (Caere Vetus) Chaire, Chaisric, Cisra Caere, Caere Vetus (greco: Agylla)
Cesena Ceisna Caesēna
Chiusi Clevsin Clusium, Camars
Cortona Curtun Cortōna
Fiesole Vi(p)sul Faesulae
Ischia Inarime (?) Pitecusa (greco: Pithekoussai)
Magliano Hepa (?) Heba
Mantova, Mantua Manthva Mantua
Marzabotto Misa (?), Kainua
Modena Mutina Mutina
Perugia Per(u)sna Perusia
(Poggio Buco) Statna (?) Statōnia
Populonia Pupluna, Fufluna Populōnia
Ravenna Rav(e)na (?) Rauenna
Rimini Arimna Ariminum
Roma Ruma Rōma
Siena Saena (?), Sena Saena
Sovana Sveama-, Suana Suana
Sutri Sutliri Sutrium
Tarquinia Tarch(u)na Tarquiniī
Talamone Tlamu Telamōn
Todi (tular) Tuder
Tuscania Tusc(a)na Tuscana
Veio, Veii Veia Veiiī
Vetulonia Vatluna, Vetluna Vetulōnia
Viterbo? Sur(i)na Surriīna
Volterra Velathri Volaterrae
Vulci Velch, Velc(a)l- Vulcī

Numerali

Lo stesso argomento in dettaglio: Sistema di numerazione etrusco.
Simboli dei numeri etruschi
Decimale Etrusco Simbolo *
1 θu I
5 maχ Λ
10 šar X
50 muvalχ
100 ?
500 ? (un cerchio con all'interno 5 punti)
1000 ? (un fuso con all'interno 3 punti)

(* La forma dei simboli è approssimata, perché non sono inclusi nel set dei caratteri normalmente disponibili nei computer.)

Numerazione
Decimale Etrusco Decimale Etrusco Decimale Etrusco
1 θu 16 huθzar 50 muvalχ (*maχalχ)
2 zal, es(a)l 17 ciem zaθrum 60 *huθalχ
3 ci 18 eslem zaθrum 70 semphalχ (?)
4 ša (?) 19 θunem zaθrum 80 cezpalχ (?)
5 maχ 20 zaθrum 90 *nurφalχ (?)
6 huθ (?) 27 ciem cealχ 100 šran
7 semφ (?) 28 eslem cealχ 1000 ?
8 cezp (?) 29 θunem cealχ
9 nurφ (?) 30 cialχ (cealχ)
10 šar 40 šealχ

Calendario

Poco ci resta del computo del tempo degli Etruschi.

Non avevano le nostre settimane e quindi neppure il nome dei giorni. Probabilmente il giorno iniziava all'alba. L'anno invece poteva iniziare come nella Roma arcaica il primo giorno di marzo (cioè il nostro 15 febbraio), o qualche giorno prima, il 7 febbraio.

Probabilmente calcolavano i giorni di ogni mese come i Romani, con le calende, che è una parola di origine etrusca.

Conosciamo il nome latinizzato di otto mesi del calendario sacro.

Calendario
Nome (lat.) Etrusco Mese Esempio
velcitanus *velcitna marzo
cabreas *capre aprile apirase = nel mese di aprile.
amp(h)iles maggio anpilie = nel mese di maggio.
aclus acale giugno acal(v)e = nel mese di giugno.
traneus luglio
ermius agosto
celius celi settembre celi = nel mese di settembre.
Chosfer ottobre

Ipotesi della gorgia toscana

Ci sono due diverse ipotesi riguardo l'origine della gorgia toscana. La prima ipotesi sostiene che il fenomeno della gorgia toscana potesse essere un elemento di sostrato derivato dall'etrusco. Per altri studiosi invece la gorgia sembrerebbe essere un fenomeno di origine relativamente recente, dato che non ve n'è alcuna attestazione prima del XVI secolo.

Note

Annotazioni
  1. ^ a b Secondo alcune ipotesi.
  2. ^ La c diventa quando è all'interno di parola, come dimostrerebbe la resa latina dell'etrusco percumsna, ossia Pergomsna.
  3. ^ a b c La lettera θ rappresenta probabilmente una occlusiva dentale sorda aspirata /tʰ/ a inizio di parola o in prossimità di una consonante liquida all'interno di parola per alcuni lessemi.
  4. ^ a b c La vocale i si legge /i̯/ nel dittongo ei e se si trova davanti a una vocale.
  5. ^ a b c La consonante l si pronuncia /ḷ/ quando la sillaba in cui si trova è sincopata.
  6. ^ a b c La pronuncia /ɫ/ della l è tale solo in sillaba finale, mentre se si trova in sillaba finale e preceduta da a è stata cominciata a scrivere solo a partire dalla metà del VI secolo avanti Cristo.
  7. ^ a b c La pronuncia /lʼ/ di l è evidente sulla base della resa etrusca di Μελέαγρος, Mel, melacre /melacre/.
  8. ^ a b c La consonante m si legge /m̥/ se la sillaba in cui si trova è stata soggetta a sincope.
  9. ^ Oppure anche nell'agro di Siena.
  10. ^ a b c La pronuncia /ɲ/ di n si rileva per esempio dall'inerscambiabilità di tina /tiɲa/ (di epoca recente) con tinia /tinja/, poiché in età recente è scomparsa la i lasciando soltanto la consonante palatalizzata.
  11. ^ a b c La consonante r si pronuncia /r̥/ se la sillaba in cui si trova è stata soggetta a sincope.
  12. ^ La pronuncia /rʼ/ di r è evidente sulla base della resa etrusca di Ἀριάδνας, Ariádnas, araθa /ar'at'a/.
  13. ^ La pronuncia /u̯/ di u è rara ed è propria soltanto dell'età recente.
  14. ^ a b c Secondo altre ipotesi.
  15. ^ Il suffisso -s è detto ablativo I.
  16. ^ Il suffisso -al-s è detto ablativo II.
  17. ^ Il suffisso in -ala-s è dell'etrusco arcaico.
  18. ^ ll suffisso -si è detto pertinentivo I.
  19. ^ Il suffisso -le è detto pertinentivo II.
  20. ^ Sono attesati anche le varianti mine, mene o min (prima di pi) nell'etrusco arcaico e men nella variante recente.
Fonti
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  18. ^ Si veda anche l'analogo problema del tartessico e l'ipotesi di Wikander.
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Bibliografia

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  • Massimo Pittau, La lingua etrusca – Grammatica e lessico, Ipazia Books, 2018.
  • Vincenzo Bellelli, Enrico Benelli, Gli Etruschi. La scrittura, la lingua, la società, Carrocci Editore, Roma 2018.

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