In questo articolo esploreremo l'affascinante mondo di Museo archeologico nazionale di Napoli. Dalle sue origini fino al suo impatto sulla società odierna, Museo archeologico nazionale di Napoli ha svolto un ruolo fondamentale in vari aspetti della vita quotidiana. Nel corso della storia, Museo archeologico nazionale di Napoli è stata fonte di dibattiti e controversie, dando origine a infinite opinioni e teorie. In questo senso, è essenziale analizzare criticamente e oggettivamente l’influenza di Museo archeologico nazionale di Napoli sulla nostra cultura, politica, economia e vita quotidiana. Allo stesso modo, è fondamentale esaminare come Museo archeologico nazionale di Napoli si è evoluto nel tempo e quali sono le implicazioni della sua presenza oggi. Attraverso questa esplorazione, speriamo di far luce sul significato e sull'impatto di Museo archeologico nazionale di Napoli nel mondo contemporaneo.
Museo archeologico nazionale di Napoli | |
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Ubicazione | |
Stato | Italia |
Località | Napoli |
Indirizzo | Piazza Museo 19 |
Coordinate | 40°51′12.16″N 14°15′01.75″E / 40.853378°N 14.250486°E |
Caratteristiche | |
Tipo | museo archeologico |
Istituzione | 1777 |
Fondatori | Ferdinando I delle Due Sicilie |
Apertura | 22 febbraio 1816 |
Direttore | Paolo Giulierini |
Visitatori | 440 624 (2022) |
Sito web | |
Il Museo archeologico nazionale di Napoli (MANN) è un museo statale italiano. In virtù del suo ricco e pregevole patrimonio di opere d'arte e manufatti, è considerato uno dei più importanti musei archeologici al mondo nell'ambito dell'arte classica greco-romana.
Il museo è costituito da collezioni private acquisite o donate alla città nel corso dei secoli, quali le collezioni Borgia, Santangelo, Stevens, Spinelli. I nuclei principali sono tre:
Gli importanti lavori di restauro e di ristrutturazione dell'edificio avviati nel 2012 consentiranno la realizzazione di una riorganizzazione globale delle collezioni secondo criteri espositivi nuovi, permettendo inoltre che alcune raccolte rimaste escluse dalla visita per decenni, possano trovare definitiva sistemazione dentro l'edificio. I reperti da molto tempo non più esposti al pubblico riguardano la numismatica ed una ricca parte della statuaria pompeiana: si stima che i pezzi in deposito siano in quantità tre volte superiore rispetto a quelli esposti e che gli stessi occupino allo stato attuale tre livelli dei sotterranei del palazzo ed un piano del sottotetto.
Il museo è ospitato nel palazzo degli Studi, costruito nel 1585 come caserma di cavalleria; l'edificio ha una certa rilevanza architettonica, essendo uno dei più imponenti palazzi monumentali di Napoli. Inoltre insiste sull'area della necropoli di Santa Teresa, area sepolcrale dell'antica Partenope. Dal 2005 nella sottostante stazione della metropolitana "Museo" è stata aperta la stazione Neapolis, in cui piccoli ambienti che si succedono tra loro espongono i reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi della metro ed entrati a far parte del patrimonio museale.
È di proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali, che dal 2014 lo ha annoverato tra gli istituti museali dotati di autonomia speciale.
Per la storia precedente dell'edificio vedi Palazzo degli Studi (Napoli).
Giunto sul trono di Napoli Ferdinando IV, dopo aver espulso nel 1767 i Gesuiti dal regno di Napoli, nel 1777 spostava definitivamente l'università dei Regi Studi nel loro ex convento del Salvatore e decideva quindi di trasferire nel liberato Palazzo degli Studi - secondo un progetto di completamento e di adeguamento ai fini accademici e museali redatto da Ferdinando Fuga e rielaborato da Pompeo Schiantarelli, che realizzò la gran parte dell'opera - sia il "Museo Hercolanese" dalla reggia di Portici che il "museo Farnesiano" dalla reggia di Capodimonte, oltre alla biblioteca ed alle scuole di Belle Arti.
Il progetto prevedeva una netta separazione tra i vari nuclei con al pianterreno il museo Hercolanese intorno al cortile occidentale, la quadreria farnesiana invece intorno al cortile orientale, mentre gli ambienti sul piano ammezzato venivano destinati da un lato al bibliotecario ed al restauro, dall'altro alle accademie ed allo "studio del nudo". Il "Gran Salone" al primo piano invece fu destinato ad accogliere la biblioteca farnesiana.
Tra il 1786 ed il 1788 Ferdinando IV riuscì, nonostante le vive proteste e l'opposizione di papa Pio VI, a trasferire da Roma a Napoli le ricche e importanti collezioni di antichità farnesiane ereditate da sua nonna Elisabetta Farnese. Ciò richiese un progetto di ampliamento del museo.
Dopo la parentesi murattiana, ritornando il re Ferdinando IV sul trono di Napoli (ora come "Ferdinando I Re delle Due Sicilie"), il 22 febbraio 1816 egli decretava ufficialmente l'istituzione del "Real Museo Borbonico". In questa occasione fu eseguita da Antonio Canova una scultura dedicata a Ferdinando posta sullo scalone monumentale del museo.
Con l'unità d'Italia, il museo divenne proprietà dello Stato unitario italiano e divenne Museo nazionale. Per i continui incrementi di libri, raccolte archeologiche ed opere d'arte, patendo tutti i settori ospitati nel museo di insufficiente spazio, tra il 1862 e il 1864 si giunse alla determinazione di trasferire le accademie trovando loro altre sedi in città. L'Accademia di scienze e lettere fu così trasferita nell'università mentre l'Accademia di belle arti fu sistemata nella sua sede attuale.
Nel 1888 il conte Eduardo Lucchese Palli donava allo Stato la sua ricchissima e preziosa biblioteca drammatica ed archivio musicale, a condizione che essa non lasciasse Napoli e che non fosse smembrata. Essa fu aggregata alla biblioteca nazionale (che allora occupava le attuali sale degli affreschi e del tempio di Iside), e nel 1892 il ministro Paolo Boselli ordinò che le venissero destinate tre sale nell'attuale museo (individuate nelle sale 83-84-85). Il conte, a sue spese, curò non solo il trasferimento dei volumi, ma anche l'allestimento delle stesse sale, donando gli scaffali "in stile Rinascimento", occupandosi del loro decoro e commissionando a Paolo Vetri l'esecuzione degli affreschi nella volta (in un cartiglio tuttora visibile vengono ricordati i principali accordi per la tenuta di questa biblioteca). Tuttavia, per la cronica mancanza di spazio, nel 1925 la biblioteca nazionale veniva anch'essa trasferita, per decreto ministeriale, nel palazzo reale, tra le più vive (ed inconcludenti) proteste degli eredi Lucchese Palli.
Il museo superò pressoché indenne gli urti degli 89 bombardamenti in zona fra il 1940 e il 1943, sicuramente anche grazie ad uno speciale segno dipinto sui suoi tetti che lo facevano individuare quale obiettivo da non colpire. Ciò nonostante il Museo non fu indenne da attacchi, a cominciare dalle truppe di occupazione tedesche che tentarono più volte di requisire l'edificio, evenienza dapprima osteggiata, infine strenuamente impedita (non senza rischio personale) dal soprintendente archeologo Amedeo Maiuri che così evitò che il museo divenisse un obiettivo militare. Nelle fasi più concitate della guerra e soprattutto delle quattro giornate di Napoli la salvaguardia dell'istituto la si deve unicamente al Maiuri che, benché avesse una gamba ingessata, si barricò nel museo impedendo a chiunque di accedervi. Con l'arrivo delle truppe alleate egli nuovamente impedì, personalmente, l'occupazione dell'edificio stavolta da parte delle truppe anglo-americane, concedendo loro unicamente che i medical stores utilizzassero (fino al giugno 1944) alcune sale al pianterreno come deposito di materiale sanitario e medicinali, mentre il genio civile occupò con i suoi uffici altre sale fino al 1948, essendo la sua sede danneggiata dai bombardamenti.
Nel dopoguerra il ripristino del museo fu lungo e impegnativo, richiedendo non solo la risistemazione di tutti gli oggetti nelle sale (essendo quelli mobili tutti impacchettati ed incassati, mentre quelli inamovibili sepolti sotto montagne di sacchetti di sabbia), ma anche per il faticoso recupero delle opere più pregiate e preziose che, portate in tempo a Roma in Vaticano, furono per alcune casse depredate dai tedeschi che, trasportatele dapprima a Berlino, prima della distruzione della città molto opportunamente le avevano trasferite a Salisburgo e nascoste nei suoi paraggi in una salina ad Altaussee. Recuperate e restituite all'Italia il 7 agosto del 1947, la riapertura del museo, benché ufficialmente inaugurata già il 1º luglio 1945 seppure solo per alcune sale, di fatto fu realizzata progressivamente e completata solo nel 1953, richiedendo essa non poche energie, impegno e tempo. Nonostante l'accurato riallestimento, già nel 1957 fu deciso di trasferire anche la pinacoteca, stavolta nella reggia di Capodimonte, liberando così tutte le sale del primo piano disposte intorno al cortile occidentale. Da questo momento il museo diventa esclusivamente archeologico.
Liberate le sale dalla pinacoteca, ci si affrettò ad allestirle trasferendo in esse la collezione dei "grandi bronzi" collocati da tempo immemorabile al pianoterra, in una galleria intorno al cortile occidentale. Per alcuni anni si lavorò alacremente per migliorare gli allestimenti di tutte le collezioni, volendo che il museo si presentasse perfettamente in ordine, decoroso e fruibile in occasione dell'olimpiade del 1960, evento che avrebbe attirato molti visitatori; la qual cosa fu senz'altro realizzata.
I grandi lavori intrapresi in quegli anni furono affiancati da altri forse meno appariscenti ma altrettanto importanti ed impegnativi che riguardarono una revisione inventariale di tutti gli oggetti conservati nei depositi ed un notevole impegno di schedatura della maggior parte di essi.
Non si conoscono più di tanto i criteri espositivi adottati dai Borbone di Napoli perché, se è pur vero che essi hanno curato la stesura dei primi inventari (Michele Arditi, Francesco Maria Avellino, il principe di San Giorgio Spinelli) mancano comunque guide del museo, le prime delle quali compaiono solo nell'Ottocento con non sempre assoluta chiarezza nell'indicazione della collocazione dei pezzi. Probabilmente i criteri espositivi erano improntati principalmente su motivi estetici o sistemando nelle sale la maggior parte degli oggetti disponibili per impressionare il visitatore, alla maniera delle Wunderkammer dei primi collezionisti.
Una svolta sicura si ebbe agli inizi del XX secolo. Paolo Orsi, commissario straordinario del museo dal dicembre 1900 a marzo 1901, propose un nuovo riordinamento delle collezioni del museo in dieci grandi raccolte ordinate per classi (o tipi) di materiali.
Ettore Pais, direttore da marzo 1901 a giugno 1904, lo realizzò esponendosi ad aspre critiche per il suo eccessivo modernismo e per i criteri adottati, giudicati rivoluzionari. Ciò non impedì che sotto la sua direzione tutto venisse rimosso e risistemato nel giro di due anni. Pais allestì il patrimonio museale non solo suddividendolo per tipi di materiali, ma anche tenendo conto degli stili, degli elementi cronologici e/o topografici. Questo criterio espositivo, considerato assolutamente innovativo e rivoluzionario agli inizi del Novecento, è perdurato per circa 90 anni e, seppure oggi non sia più considerato valido in quanto non consono ai nuovi criteri e concetti espositivi, tuttavia condiziona ancora pesantemente i tentativi di riallestimento del museo.
Pur riconoscendo una certa validità agli allestimenti del passato, testimoni del gusto, delle conoscenze, della metodologia di un'epoca, oggi si privilegiano soprattutto il contesto e la provenienza originari degli oggetti esposti. In tal senso sono stati indirizzati gli sforzi intrapresi fin dagli anni settanta di riallestimento globale del museo.
Il nuovo indirizzo museografico è stato inaugurato con l'allestimento della sezione dedicata a tutti i ritrovamenti fatti nella villa dei Papiri di Ercolano (aprile 1973). Sono seguite nel tempo altre sezioni, istituite ex novo, o completamente riallestite: la collezione Egizia (dicembre 1989), le sculture Farnese dalle terme di Caracalla (giugno 1991), il tempio di Iside di Pompei (dicembre 1992), le gemme Farnese (giugno 1994), la collezione Epigrafica (marzo 1995), la sezione Preistorica (dicembre 1995), la sezione della Magna Grecia (luglio 1996), Pithecusae e la casa greca di Punta Chiarito (dicembre 1997), i Vetri (marzo 1998), il Gabinetto Segreto (aprile 2000), i Mosaici (maggio 2000), Napoli Antica (dicembre 2000), la collezione Numismatica (giugno 2001), il vasellame Bronzeo (marzo 2003), gli Affreschi dalla villa di Arianna di Stabia (settembre 2007), le sculture Farnese da palazzo Campo dei Fiori, dagli orti farnesiani e da villa Madama (Sale 1, 7 e 8; accessibili già nel dicembre 2007), la collezione degli Affreschi Pompeiani (aprile 2009), nuovamente la villa dei Papiri di Ercolano con un allestimento nuovissimo (giugno 2009), le sculture Farnese da palazzo Farnese e dalla Farnesina (sale 2-6 e 25-28; novembre 2009), e di nuovo la collezione Egizia (ottobre 2016), la Magna Grecia con un allestimento nuovissimo (luglio 2019), e l'ultima in ordine di tempo la Preistorica (febbraio 2020).
Dal 2005, inoltre, nella stazione "Museo" della linea metropolitana, posta sotto il livello del museo archeologico, è stata aperta la stazione Neapolis, con la quale vengono mostrati i reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi della metro ed entrati a far parte del patrimonio del "MANN".
Il riordino globale del museo avuto negli ultimi anni ha previsto non soltanto un riallestimento delle singole collezioni, ma anche una dislocazione più organica di esse all'interno dell'edificio. A grandi linee, al 2013, le numerose collezioni del museo sono raccolte formando sette sezioni (otto considerando la esterna Stazione Neapolis), così disposte:
Esterno | Stazione Neapolis: reperti archeologici della metropolitana di Napoli (accesso gratuito dalla stazione "Museo" della metropolitana) |
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Seminterrato | Collezione egizia |
Collezione epigrafica | |
Pianoterra | Collezione Farnese: sculture, busti e gemme (nelle gallerie e sale intorno al cortile orientale) |
Collezioni pompeiane: statuaria proveniente da Pompei, Ercolano e dai siti archeologici dei Campi Flegrei (nelle gallerie e sale intorno al cortile occidentale) | |
Piano ammezzato | Collezioni pompeiane: Mosaici-Casa del Fauno (salendo lo scalone, sulla sinistra) |
Collezioni pompeiane: Gabinetto Segreto (salendo lo scalone sulla sinistra) | |
Numismatica (salendo lo scalone, sulla destra) | |
Primo piano | Salone della Meridiana |
Collezioni pompeiane: affreschi, vasellame, vetri, ceramiche, argenti, avori, reperti dal tempio di Iside e plastico di Pompei (nelle gallerie e sale intorno al cortile orientale) | |
Settore topografico con un percorso cronologico che vede la sequenza di: Preistoria, Età Eneolitica, Età del Bronzo, Età del Ferro, Cuma, Pithecusae, Neapolis, Villa dei Papiri (nelle gallerie e sale intorno al cortile occidentale, nel percorso "esterno") | |
Settore topografico con: Magna Grecia, Italici ed Etruschi in Campania, (nelle gallerie e sale intorno al cortile occidentale, nel percorso "interno") |
I lavori di restauro del 2012 permetteranno inoltre che alcuni pezzi rimasti esclusi dalla visita fino ad ora, possano trovare definitiva sistemazione dentro l'edificio. I reperti mai esposti al pubblico riguardano la sezione Magna Grecia, quella Cumana (costituita da vasi greci), l'epigrafica ed una ricca parte della statuaria pompeiana. Si stima che i pezzi in deposito siano in quantità tre volte superiore rispetto a quelli esposti e che gli stessi occupino allo stato attuale tre livelli dei sotterranei del palazzo ed un piano di sottotetti.
Le sezioni del museo sono diverse, molte delle quali nate da aggregazioni o donazioni di collezioni minori. Di seguito l'elenco con i relativi reperti archeologici di appartenenza:
La collezione Farnese ospita tutti i reperti archeologici raccolti a partire dal XVI secolo da Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III. Ottenute per acquisto o per confisca altre collezioni minori, quella Farnese si arricchì considerevolmente con i rinvenimenti degli scavi romani. Con l'estinzione del ramo familiare, l'intera collezione passò ad Elisabetta Farnese, madre di Carlo di Borbone. Il trasferimento a Napoli delle sculture, tuttavia, si ebbe solo con Ferdinando IV nel 1787 circa.
La collezione occupa al piano terra tutte le sale e gallerie (1-29) disposte intorno al cortile orientale (sul lato destro dell'atrio di ingresso). Al centro del cortile vi è inoltre uno splendido labrum in porfido rosso facente parte anch'esso della collezione Farnese. Il nuovissimo allestimento, frutto di approfonditi studi sulla storia della collezione e dei singoli pezzi, ha richiesto naturalmente uno sforzo notevolissimo sia di energie che di mezzi che non hanno permesso un'apertura delle varie sale se non progressivamente ed in tempi diversi. Lo stesso ha permesso di riordinare le sculture farnesiane raggruppandole per luoghi e palazzi di provenienza, secondo come esse erano suddivise ed esposte a Roma prima che venissero trasferite a Napoli.
Sono esposte nelle Sale 1 e 7.
Sono esposte nelle Sale 2-6.
Nella galleria Sala 8 sono esposte: nella prima metà le sculture esposte un tempo negli Orti Farnesiani; nella seconda metà quelli già esposti a Villa Madama.
Nelle Sale 11-16 vi sono le sculture di grandi dimensioni rinvenute nelle Terme di Caracalla a Roma. In particolare la statua dell'Ercole Farnese, straordinario pezzo di marmo che ispirò anche Michelangelo, la Flora Farnese, e poi l'imponente Toro Farnese enorme gruppo statuario chiamato in epoca borbonica anche montagna di marmo per la sua impostazione piramidale, il più grande e complesso giunto a noi dall'antichità, che rappresenta il supplizio di Dirce.
Nelle Sale 25-28 vi sono sculture e rilievi diversi un tempo esposti alla Farnesina, fra cui cospicuo è il gruppo di ritratti di filosofi e poeti greci, e le famose Veneri accovacciate.
Nella galleria (sala 29) vi è la collezione dei ritratti di imperatori romani, già esposte nella Sala Grande e nella Sala degli Imperatori, appositamente allestita, di Palazzo Farnese.
Tra le statue della galleria, si segnalano i colossali busti di Giulio Cesare e di Vespasiano, una statua di Alessandro Severo in nudità eroica.
In una sala laterale è conservata la collezione di statue dei filosofi greci.
È raccolta nelle due piccole Sale 9-10 situate al piano terra, alle spalle della colossale statua dell'Ercole Farnese. Formata da oltre duemila reperti, il pezzo più rilevante è sicuramente la tazza Farnese.
La raccolta di collezioni pompeiane nasce sostanzialmente con gli scavi archeologici di Pompei avviati nel corso della prima metà del XVIII secolo, su volontà dell'allora re di Napoli Carlo di Borbone. La raccolta costituisce il nucleo principale della collezione Borbone ed include tutti i reperti rinvenuti negli scavi vesuviani: sculture, mosaici, armeria, affreschi ed altri svariati pezzi, tra cui dei papiri rinvenuti ad Ercolano ed oggi alla biblioteca nazionale del palazzo reale.
L'intera collezione fu trasferita nella sede attuale solo intorno al XIX secolo in quanto fino ad allora trovò sistemazione nel museo Herculanense di Portici (museo intitolato ad Ercolano in quanto i reperti provenivano fino ad allora principalmente da quell'area). Con l'avvento di Gioacchino Murat, dal 1806 a 1808, gli scavi ricominciarono e questa volta i reperti rinvenuti riguardarono principalmente la zona pompeiana, andando a formare così la parte più cospicua della raccolta e donando conseguentemente la denominazione attuale della sezione museale. Intorno alla prima metà dell'Ottocento furono trovati gli elementi più numerosi e forse più importanti della collezione: i mosaici.
I rinvenimenti che interessarono l'area di Boscoreale, ultima per cronologia (sul finire del XX secolo, furono invece dispersi in più musei stranieri, principalmente al Louvre di Parigi.
La sezione, è collocata nelle sale 35 e 45 del piano terra.
Della statuaria proveniente dalle antiche città campane, una cospicua parte non è stata mai esposta al pubblico. L'inesistenza di adeguati allestimenti hanno fatto sì che queste sculture risiedessero per decenni nei depositi del museo.
Le sculture non provengono solo dalle città vesuviane ma anche da altri luoghi dell'antica Campania, per esempio l'antica città di Capua o l'area dei Campi Flegrei.
La sezione si trova sul piano ammezzato, salendo lo scalone sul lato sinistro (Sale 57-61 e 63-64).
La sezione si divide in due parti. Da un lato vi è la raccolta di mosaici provenienti dagli scavi archeologici di Pompei, Ercolano e di altre antiche città campane, ospitati questi nelle sale 57-59 e 64; dall'altro vi è quella relativa ad oggetti e mosaici rinvenuti specificamente nella casa del Fauno di Pompei, sale 60-61 e 63. Molto importante, vero e proprio unicum nel suo genere, è la raccolta dei mosaici del museo: di eccezionale interesse il grande mosaico raffigurante la Battaglia di Isso di Alessandro Magno contro Dario, così come il Memento mori. Spicca inoltre l'originale scultura bronzea del Fauno danzante.
Sale 62 e 65 - Si trova al piano ammezzato, salendo lo scalone sul lato sinistro, alla fine della sezione dei Mosaici.
Il Gabinetto Segreto (così chiamato dai Borbone) mostra vari reperti a soggetto erotico o sessuale provenienti dagli scavi di Pompei ed Ercolano o acquisiti in altro modo. Completamente riallestita negli anni '90, la collezione è stata definitivamente aperta al pubblico nell'aprile del 2000.
Si trovano al primo piano; vi si accede dal Salone della Meridiana, da una porta in fondo sulla sinistra. La collezione occupa le Sale 66-78.
Dopo quasi 10 anni di chiusura al pubblico della Collezione degli Affreschi (essendo in restauro non solo gli affreschi ma anche le sale in cui essi sono esposti), le sale sono state completamente riallestite. Dopo la riapertura nel settembre 2007 delle prime tre sale (Sala LXXV pitture da larari; Sala LXXVIII pittura popolare e ritratti; Sala LXXVII gli affreschi provenienti dalla Villa Arianna a Stabiae), a fine aprile 2009 sono state definitivamente riaperte tutte quante le altre sale che compongono la collezione.
Si trovano al primo piano nella Sala 89, cui si accede dal salone della Meridiana, passata la porta sulla sinistra, è la prima saletta.
Rinvenuti durante gli scavi archeologici di Pompei e Ercolano, la collezione si compone della più ampia raccolta di argenti romani esistenti al mondo. La sezione al 2013 mostra solo una piccola parte dei reperti. La stessa è inoltre in fase di riallestimento con l'intenzione di esporre tutti i pezzi cui vi fanno parte, essendo molti di questi in deposito da diversi decenni.
Si trovano al primo piano nella Sala 88, cui si accede dal Salone della Meridiana, passata la porta sulla sinistra, nella seconda saletta.
Si trova al primo piano nella Sala 87, cui si accede dal Salone della Meridiana, passata la porta sulla sinistra, nella terza sala.
Si trovano al primo piano nelle Sale 85-86, cui si accede dal Salone della Meridiana, la quarta e quinta sala, passata la porta, sulla sinistra.
Le Sale 79-84 al primo piano, situate tra i Vetri, gli Affreschi e il Plastico di Pompei, raccolgono tutto quanto si è rinvenuto nell'area del tempio di Iside a Pompei.
Le Sale 114-117 al primo piano, salendo lo scalone sulla sinistra, raccolgono tutte le opere d'arte rinvenute nella villa dei Papiri (forse appartenuta ai Pisoni), tuttora sepolta a grande profondità ad Ercolano, ma indagata nel XVIII secolo col sistema dei cunicoli. Mancano i rotoli dei papiri conservati alla Biblioteca Nazionale di Napoli nell'apposita "Officina dei Papiri Ercolanesi", ma sono esposti due rotoli non ancora srotolati e foto di altri.
Il plastico di Pompei si trova al primo piano in un apposito ampio salone, la Sala 96, situata fra i Vetri ed il Tempio di Iside.
Una intera sala è occupata da un grande plastico di Pompei, che ritrae l'antica città romana in tutti i suoi piccoli particolari.
Si trovano al primo piano, e vi si accede dal Salone della Meridiana, da una porta situata in fondo ad esso sulla destra.
È esposta nella prima sala della sezione Topografica, la Sala 127 e nei due piani ammezzati subito al di sopra, cui si accede dalla stessa sala.
È esposta in parte nella Sala 127 (Preistoria) e poi in quella successiva (Sala 126).
Si trova al primo piano nella Sala 126, subito dopo la Preistoria.
È allestita e visitabile solo la prima sala della sezione (nella sezione Topografica), relativa all'epoca di fondazione della colonia e accenni all'epoca arcaica. Per l'epoca classica (quindi la ricca Collezione Cumana di vasi dipinti a figure nere e a figure rosse, rinvenuti nelle sue necropoli) non vi sono indicazioni sui possibili tempi di allestimento e di apertura al pubblico.
Si trova al primo piano nelle Sale 124-125, successive a quella dedicata a Cuma. La prima sala (125) è dedicata ai rinvenimenti fatti a Lacco Ameno e in altre località sull'isola di Ischia. La seconda sala (124) è interamente dedicata al rinvenimento della casa greca di Punta Chiarito di VI secolo a.C., che è ricostruita in scala 1:1, mentre nelle vetrine e nella ricostruzione sono esposti tutti i reperti rinvenutivi.
Si trova al primo piano, nelle Sale 118-120, situate subito dopo la Villa dei Papiri.
La sezione (inaugurata nel luglio 1996 e visitabile fino al febbraio 2003), è stata riaperta al pubblico nel luglio 2019 con un allestimento del tutto nuovo nelle Sale 130-143. Il percorso si svolge a partire dalla sala 143 (parallela alla prima sala della Villa dei Papiri) per terminare nella sala 130 (che sbocca a metà del Salone della Meridiana).
Tra le opere conservate il ciclo di affreschi provenienti dalla tomba delle Danzatrici di Ruvo di Puglia e il cosiddetto vaso dell'Amazzonomachia, proveniente dall'omonima tomba dalla stessa città.
La sezione, non ancora allestita, occuperà le Sale 130-136.
Si trova nel piano seminterrato cui si accede dal piano terra, a destra dello scalone principale, alla fine della galleria degli imperatori (Sale 18-23).
Per importanza è la seconda collezione di manufatti egizi in Italia, dopo quella del museo egizio di Torino; in senso cronologico è invece la più antica. All'anno 2000 essa conta 2500 reperti.
Il primo nucleo fu costituito tra il secondo ed il terzo decennio dell'Ottocento acquisendo materiali da collezioni private e dagli scavi borbonici dell'area vesuviana e dell'area flegrea.
In particolare, di grande importanza sono le opere appartenenti alla collezione Borgia, formata nella seconda metà del Settecento dal cardinale Stefano Borgia, già erede di una raccolta di oggetti antichi rinvenuti nei dintorni di Roma e di Velletri che, grazie agli incarichi affidatigli dal governo pontificio (in particolare, la sua attività di Segretario e poi Prefetto della Congregazione di Propaganda della Fede, durante la quale incoraggiò la formazione di sacerdoti indigeni nelle missioni cattoliche all'estero, specie in Oriente) poté entrare in possesso, grazie al favore dei missionari, di un immenso numero di oggetti dall'Egitto, oltre ai manoscritti copti ottenuti su sua precisa richiesta, tanto da costituire la più ricca collezione del genere dell'epoca. Alla sua morte, nel 1804, la collezione fu in parte donata alla congregazione mentre la maggior parte passò al nipote Camillo Borgia il quale tentò di venderla prima al re di Danimarca, poi a Gioacchino Murat, allora re di Napoli, che l'acquistò nel 1814 (benché le trattative si conclusero solo l'anno successivo, con il ritorno dei Borbone, ad opera di Ferdinando I delle Due Sicilie).
La collezione Borgia, una delle più antiche della storia del collezionismo europeo, illustra l'interesse europeo per l'antico Egitto in un periodo ancora anteriore alla spedizione napoleonica del 1798-1799, e rispecchia il gusto antiquario tipico dell'epoca in cui fu formata (statue ridotte a busti o a teste-ritratto, e da molti oggetti di carattere funerario e magico-religioso rinvenuti principalmente nelle due zone più facilmente raggiungibili dagli Europei del XVIII secolo, il Delta del Nilo e Menfi).
La più rilevante tra quelle napoletane dopo la borgiana è la collezione Picchianti, raccolta durante un viaggio di sei anni (1819-1825) da Giuseppe Picchianti, un viaggiatore di origine veneta che risalì la valle del Nilo fino a raggiungere il deserto nubiano, attraversando le località archeologiche di maggiore interesse per i collezionisti come Giza, Saqqara, Tebe. Qui raccolse una notevole quantità di materiali, provenienti probabilmente da sepolture: la sua raccolta comprende infatti mummie, sarcofagi, canopi, ma anche oggetti facenti parte del corredo funebre che testimoniano aspetti del quotidiano, quali specchi, vasi per cosmetici, sandali. Vendette una parte al museo di Napoli nel 1828 ma insoddisfatto dal ricavato un mese dopo donò allo stesso museo la restante collezione, a patto d’essere assunto come custode e restauratore delle antichità egizie, approfittando del suo ruolo per trafugare oggetti rivenduti al British Museum.
Il reperto di più antica acquisizione è invece il naoforo, unico oggetto egizio appartenente alla collezione Farnese, già ospitato nel museo prima che tutte le altre collezioni vi approdassero.
Sono inclusi nella sezione egiziana anche oggetti di provenienza varia e raccolte di minore consistenza come quella dello Schnars, un viaggiatore tedesco che, formata una piccola collezione durante i suoi viaggi nell'alto e basso Egitto, la donò al museo nel 1842.
Nella sala XIX sono esposte tutte le statue della raccolta, che coprono un quadro cronologico di circa tremila anni, dagli inizi dell'antico regno all'età tolemaico-romana, tra cui il reperto più antico, una statua di funzionario della III dinastia (2700-2640 a.C.) nota come "Dama di Napoli". Nella stessa stanza sono esposti frammenti di obelischi di epoca faraonica e romana.
La sala XX ospita alcuni elementi del corredo funerario, una serie di oggetti votivi (statuette in legno o pietra), e diverse steli arpocratee (lastre atte a proteggere magicamente il defunto dai pericoli cui poteva andare incontro nel suo viaggio verso l'oltretomba). Sono presenti anche tre sarcofagi di fattura ed epoca diverse: un frammento del sarcofago in basalto di Pa-ir-kap della XXX dinastia e due sarcofagi in legno dipinto, contenenti mummie.
Nella sala XXI si può osservare una raccolta di iscrizioni e di calchi ottocenteschi che coprono tutti i diversi metodi di scrittura in uso in Egitto nel corso della sua storia, dalle origini fino al demotico ed al greco. È qui esposta la celebre "Charta Borgiana", un papiro redatto in greco corsivo del II secolo d.C. Nello stesso luogo sono inoltre esposti numerosi oggetti egiziani o egittizzanti ritrovati in Campania, in particolare negli scavi vesuviani (come la stele di Samtowetefnakhte nel tempio di Iside a Pompei, o la mensa votiva in basalto nero di Psammetico II, riutilizzata come soglia nella casa del Doppio Larario).
Nelle sale XXII e XXIII è esposta la collezione Picchianti. Nella XXII sono esposti numerosi vasi databili dalle prime dinastie all'epoca tolemaico-romana, steli funerarie, e molte statuette votive, come il gruppo di centoquattordici appartenenti ad un personaggio di nome Her-udja della XXX dinastia. Nella stessa sala è inoltre esposta, insieme a due piccoli, una mummia di coccodrillo.
La sala XXIII ospita quattro mummie, tre della collezione Picchianti, due di adulti ed una di bambino, oltre ad un'altra donata da Emilio Stevens. Sono, inoltre, esposti diversi oggetti del corredo funebre ed una significativa selezione di amuleti.
Si trova nel piano seminterrato (Sale 150-155), cui si accede dall'atrio di ingresso scendendo per una scala situata presso l'ingresso alle prime sale della collezione Farnese.
La collezione è stata riaperta al pubblico in seguito dopo che sono terminati i lavori di collegamento fra museo e metropolitana. Consta di oltre duemila pezzi tra testi scritti in greco, latino e dialetti italici, e costituisce inoltre una delle più importanti raccolte epigrafiche per quantità e qualità. Anche qui, come per altre sezioni del museo, il settore è frutto di diverse collezioni minori acquistate o donate al museo nel corso degli anni. Queste, vedono il proprio fulcro nella raccolta farnesiana di Fulvio Orsini, ereditata nel Settecento da Carlo di Borbone, ed in quella Borgia, acquistata da Gioacchino Murat nel 1814 assieme alla raccolta di monete e ad altri reperti archeologici.
Si trova sul piano ammezzato, salendo lo scalone, sul lato destro (Sale 51-56).
Seguendo un rigoroso criterio cronologico, le sale espongono pezzi che vanno dal periodo della Magna Grecia fino alle monete battute nel regno delle Due Sicilie. La sezione comprende diverse collezioni tra le quali spiccano quella Borgia e quella Farnese, che costituiscono il nucleo principale.
La Stazione Neapolis è un ambiente della Stazione Museo sottostante il Museo archeologico, accessibile gratuitamente e ospitante numerosi reperti rinvenuti all'interno della città, come un calco di arature neolitiche e una Nike.
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