Nel mondo di oggi, Acqua virtuale è diventato un argomento di grande rilevanza e interesse per un'ampia varietà di persone. Che sia per il suo impatto sulla società, per la sua rilevanza storica o per la sua influenza sulla cultura popolare, Acqua virtuale è un argomento che suscita curiosità e dibattito in diversi ambiti. In questo articolo esploreremo le diverse sfaccettature e prospettive legate a Acqua virtuale, analizzandone l'importanza e le implicazioni nel mondo di oggi. Attraverso un approccio multidisciplinare, cercheremo di approfondire la comprensione di Acqua virtuale, offrendo una visione completa che consenta ai lettori di approfondire questo affascinante argomento e ampliare le proprie conoscenze a riguardo.
L'acqua virtuale è una concezione riferita alla quantità di acqua dolce utilizzata nella produzione e nella commercializzazione di alimenti e beni di consumo. La definizione più generale tiene conto anche dell'acqua necessaria per l'erogazione di servizi: secondo tale definizione, l'acqua virtuale è definibile come "il volume d'acqua necessario per produrre una merce o un servizio".
Il primo ad introdurre il concetto di acqua virtuale è stato nel 1993 il professore John Anthony Allan del King's College London e della School of Oriental and African Studies, che per questo ha ricevuto, nel 2008, lo Stockholm Water Prize da parte dello Stockholm International Water Institute. Nei suoi studi Allan stimò, ad esempio, che per produrre una tazza di caffè sono necessari 140 litri di acqua, utilizzati per la coltivazione e il trasporto del caffè. Egli fu quindi il primo ad intuire che l'importazione e l'esportazione di beni comportasse di fatto un consumo di acqua e che questo sia così elevato da potere essere paragonato in termini numerici al quantitativo di acqua necessaria durante la coltivazione.
In seguito il direttore del Water Footprint Network, e Ashok Chapagain dell'Università di Twente hanno introdotto il concetto, strettamente correlato, di impronta idrica (water footprint), con cui calcolare il consumo d'acqua di un prodotto con un modello analogo a quello dell'impronta ecologica, utilizzato per indicare il "consumo" di risorse terriere.
L'impronta idrica si scompone in tre contributi: