Angoscia

Nell'articolo di oggi esploreremo tutto ciò che riguarda Angoscia. Che tu stia cercando informazioni sulla sua storia, sul suo impatto sulla società odierna, sulle ultime tendenze correlate o semplicemente desideri saperne di più sulle sue caratteristiche e vantaggi, questo articolo ha tutto ciò di cui hai bisogno. Dalla sua origine alla sua evoluzione nel tempo, attraverso le sue diverse applicazioni e utilizzi nella nostra vita quotidiana, ci immergeremo in un'analisi completa che ti aiuterà a comprendere meglio Angoscia e la sua attualità. Non perderlo!

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Angoscia (disambigua).
"Ore di angoscia" (Julio Romero de Torres, 1904).

L'angoscia è uno stato psichico cosciente di un individuo caratterizzato da un sentimento intenso di ansia e apprensione. Rappresenta una paura senza nome, le cui cause e origini non sono apparenti, ovvero non dirette o immediatamente individuabili. Per tale motivo, l'angoscia non è solo minacciosa, ma spesso anche catastrofica per l'individuo che la vive.

L'urlo, di Edvard Munch, Museo nazionale di arte, architettura e disegno, Oslo

Descrizione

A differenza della paura, in ambito psicoanalitico essa rappresenta ed è vista e percepita dall'Io come una situazione catastrofica, tale da mettere in crisi la capacità dell'Io di controllare e gestire le pressioni del Super-io e dell'Es.

Ogni persona è abbandonata a sé stessa e costretta a operare delle scelte che possono prospettarsi errate, pericolose, o addirittura lesive per la sua stessa esistenza; quindi, dal momento che ciascuno condivide la stessa condizione di fronte all'atto di scegliere, l'angoscia è necessariamente un fondamento dell'essenza umana, primigenio e inalienabile.

Attualmente si tende a definire l'angoscia come un senso di frustrazione e malessere, una sofferenza psicologica che può degenerare anche in diverse patologie (si pensi all'angoscia di castrazione infantile o all'angoscia esistenziale di derivazione kierkegaardiana).

Nel possibile tutto è possibile ed essendo l'esistenza umana aperta al futuro, l'angoscia è strettamente connessa all'avvenire, che è poi quell'orizzonte temporale in cui l'esistenza si realizza: "Per la libertà, il possibile è l'avvenire, per il tempo l'avvenire è il possibile. Così all'uno come all'altro, nella vita individuale, corrisponde l'angoscia". Il passato può angosciare in quanto si ripresenta come futuro, cioè come una possibilità di ripetizione. Una colpa passata, ad esempio, genera angoscia se non è veramente passata, perché in questo caso genererebbe solo pentimento. L'angoscia è legata a ciò che è, ma può anche non essere, al nulla connesso ad ogni possibilità; ma siccome l'esistenza è possibilità, l'angoscia è il tarlo del nulla nel cuore dell'esistenza.

Il termine angoscia è stato utilizzato per la prima volta in termini filosofici da Søren Kierkegaard (18131855) per definire la condizione preliminare dell'essenza umana, che emerge quando l'uomo si pone davanti ad una scelta: la libertà sconfinata di scelte che l'uomo può operare lo getta in preda all'angoscia, conscio delle responsabilità derivanti dal fatto che una scelta positiva significhi potenzialmente milioni di scelte negative. L'angoscia è definita quindi come il sentimento della possibilità.

Nella filosofia contemporanea il tema dell'angoscia è stato ripreso da Martin Heidegger in questi termini:

«Con il termine angoscia non intendiamo quell'ansietà assai frequente che in fondo fa parte di quel senso di paura che insorge fin troppo facilmente. L'angoscia è fondamentalmente diversa dalla paura. Noi abbiamo paura sempre di questo o di quell'ente determinato, che in questo o in quel determinato riguardo ci minaccia. La paura di... è sempre anche paura per qualcosa di determinato. Nell'angoscia, noi diciamo, uno è spaesato. Ma dinanzi a che cosa v'è lo spaesamento e cosa vuol dire quell'uno? Non possiamo dire dinanzi a che cosa uno è spaesato, perché lo è nell'insieme. Tutte le cose e noi stessi affondiamo in una sorta di indifferenza. Questo, tuttavia, non nel senso che le cose si dileguino, ma nel senso che nel loro allontanarsi come tale le cose si rivolgono a noi. Questo allontanarsi dell'ente nella sua totalità, che nell'angoscia ci assedia, ci opprime. Non rimane nessun sostegno. Nel dileguarsi dell'ente, rimane soltanto e ci soprassale questo nessuno. L'angoscia rivela il niente. Che l'angoscia sveli il niente, l'uomo stesso lo attesta non appena l'angoscia se n'è andata. Nella luminosità dello sguardo sorretto dal ricordo ancora fresco, dobbiamo dire: ciò di cui e per cui ci angosciavamo non era "propriamente" - niente. In effetti il niente stesso, in quanto tale, era presente»

Note

  1. ^ Martin Heidegger, Che cos'è la metafisica?, Milano, Adelphi, 1987 .

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàThesaurus BNCF 21959