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I chiostri di Napoli sono più di cento e costituiscono oggi delle aree destinate a facoltà universitarie, ospedali, istituti scolastici, caserme e educandanti. Ciò è avvenuto all'inizio dell'Ottocento, in periodo murattiano, a seguito della soppressione di gran parte degli ordini religiosi.
Le chiese conventuali rappresentavano il punto di incontro tra la religione e il fedele, ma anche il confine tra la condizione di isolamento del clero e del mondo laico. Ovvero, dal punto di vista architettonico, il chiostro è un qualcosa che chiude e costituisce un'area intorno alla quale si dispongono i vari ambienti, con al centro la corte all'aperto. Nel corso dei secoli, questo spazio fu destinato a divenire il centro della vita religiosa in una città nella quale la spinta devozionale era sempre stata avvertita e vissuta con grande intensità, in particolar modo dal popolo. La pietà dei sovrani aveva però generato fenomeni ben diversi da quelli che potevano essere creati dalle masse di credenti: essa rese possibile la realizzazione di vere e proprie cittadelle religiose, tanto da poter occupare una o più insule (o persino quattro come nel caso del Duomo) e favorì quindi la diffusione degli Ordini monastici.
Dal XIII secolo al XIX secolo nacquero tutti i più importanti conventi: nel XVI secolo si contavano circa settanta conventi maschili e ventidue femminili. Nel XIX secolo, a più riprese, i conventi vennero soppressi dapprima nel periodo Murattiano, che destinò i complessi ad ambienti di pubblica utilità, e successivamente con la famiglia Savoia; inoltre, negli anni ottanta del XIX secolo altri conventi furono soppressi durante i lavori del Risanamento, quando furono demoliti alcuni chiostri importanti della città.