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Coccarda italiana tricolore

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Coccarda italiana tricolore
La coccarda italiana tricolore.

La coccarda italiana tricolore è l'ornamento nazionale dell'Italia, ottenuta pieghettando circolarmente un nastro costituito da strisce parallele verdi, bianche e rosse, ovvero i tre colori della bandiera italiana, con il verde al centro, il bianco subito all'esterno e il rosso sul bordo[1].

La coccarda tricolore, e con essa i tre colori nazionali italiani[2], comparve per la prima volta a Genova il 21 agosto 1789 poco dopo lo scoppio della Rivoluzione francese[2] anticipando di sette anni il primo stendardo militare tricolore, che venne scelto dalla Legione Lombarda a Milano l'11 ottobre 1796[3], e di otto anni l'adozione della bandiera d'Italia, di cui fu introdotto l'uso il 7 gennaio 1797, quando assunse per la prima volta il ruolo di vessillo nazionale di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana[4]. Dato che i tre colori nazionali italiani fecero il loro debutto su una coccarda, la coccarda tricolore è considerata uno dei simboli patri italiani[5], e fu uno dei simboli rivoluzionari utilizzati durante i moti risorgimentali, venendo appuntata sulla giacca o sui cappelli nella sua forma tricolore dai patrioti che lottavano per la proclamazione del Regno d'Italia[6]. Il 14 giugno 1848 ha sostituito la coccarda azzurra sabauda sulle divise di alcuni reparti della Regia Armata Sarda, mentre il 1º gennaio 1948, con la nascita della Repubblica Italiana, ne ha preso il posto come ornamento nazionale[7].

La coccarda trova impiego nella simbologia istituzionale repubblicana, civile e militare. È tradizionalmente indossata dalle massime cariche dello Stato, appuntata sulla giacca, durante la parata militare della Festa della Repubblica Italiana, celebrata il 2 giugno.[8] È uno dei simboli dell'Aeronautica Militare Italiana ed è utilizzata su tutti gli aeromobili statali italiani, sia civili, sia militari[9]; funge da base nel fregio da parata dei bersaglieri, dei reggimenti di cavalleria, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza[10][11][12]. Infine, è riprodotta sulle maglie delle squadre sportive detentrici delle Coppe Italia che si organizzano in diversi sport di squadra[13].

Posizione dei colori

Da sinistra a destra, le coccarde nazionali di Iran, Bulgaria e Messico, tutte tricolori verdi, bianche e rosse.

La coccarda italiana, per convenzione, ha il verde al centro, il bianco in posizione intermedia e il rosso periferico: tale consuetudine deriva da una delle caratteristiche concettuali delle coccarde, che possono essere immaginate come delle bandiere arrotolate intorno all'asta viste dall'alto[14]. Nel caso della coccarda, il verde è situato al centro perché nella bandiera d'Italia questo colore è quello più vicino all'asta[14].

Le coccarde tricolori con il rosso e il verde invertiti di posizione sono invece quelle di Iran[15] e Suriname[16]. La coccarda ungherese possiede la stessa disposizione dei colori della coccarda italiana.[17]. Altre coccarde identiche a quella italiana, anche nella disposizione dei colori, sono gli ornamenti nazionali di Burundi, Messico, Libano, Seychelles, Algeria e Turkmenistan[16]. Sono sempre coccarde tricolori verdi, bianche e rosse, aventi però una differente disposizione dei colori, gli ornamenti nazionali di Bulgaria e Maldive (che sono entrambe, partendo dal centro, bianche, verdi e rosse) e del Madagascar (che è, iniziando dal centro, bianca, rossa e verde)[16].

Le premesse

Coccarda francese tricolore
La coccarda francese tricolore, che ebbe origine e che si diffuse tra le rivolte della rivoluzione.

Le prime coccarde furono introdotte in Europa nel XV secolo[18][19]. Gli eserciti degli Stati europei le utilizzavano per indicare la nazionalità dei loro soldati: questa era un'informazione importante, soprattutto nelle battaglie, durante le quali era fondamentale distinguere gli alleati dai nemici[18][19]. Queste prime coccarde furono ispirate dalle fasce e dai nastri distintivi colorati che venivano usati nel tardo medioevo dai cavalieri, sia in guerra che nelle giostre, che avevano il medesimo scopo, ovvero di identificare visivamente avversari e commilitoni[20].

La coccarda divenne poi simbolo rivoluzionario per eccellenza durante i moti insurrezionali del XVIII e del XIX secolo perché facilmente realizzabile anche con scarsezza di mezzi. Come tale, nella versione tricolore, fu protagonista, indossata dai patrioti che vi parteciparono, dei moti risorgimentali che portarono, nel XIX secolo, all'unità politica e amministrativa della penisola italiana[6]: per tale motivo è diventata uno dei simboli patri italiani[5].

La coccarda italiana, così come tutti gli analoghi ornamenti realizzati in quel periodo negli altri Paesi, aveva come caratteristica principale quella di poter essere ben visibile, dando così modo di identificare inequivocabilmente le idee politiche della persona che la indossava, nonché quella di essere, in caso di necessità, più facilmente nascondibile di una bandiera[21].

Camille Desmoulins
Camille Desmoulins, grazie al quale fu introdotto l'uso della coccarda tricolore francese, che ispirò a sua volta l'introduzione di quella italiana.

L'ornamento italiano fu ispirato dalla coccarda francese tricolore, che la precedette di qualche settimana[22], così come anche la bandiera d'Italia si ispira al tricolore francese, introdotto durante la Rivoluzione nell'autunno del 1790 sulle navi da guerra della Marine nationale[4][23][24][25]. Altri vessilli nazionali tricolori adottati da varie nazioni europee in quel periodo ebbero la medesima origine, pur introducendo delle differenze: furono ispirati al vessillo francese per manifestare la condivisione degli ideali della rivoluzione[22].

La coccarda francese fu introdotta durante la Rivoluzione, diventando con il tempo uno dei simboli del cambiamento[6]. La consuetudine di utilizzare coccarde durante i moti di protesta valicò presto le Alpi, giungendo in Italia insieme a tutto il bagaglio di valori e di ideali della Rivoluzione francese, che furono veicolati dal giacobinismo delle origini, tra cui la volontà di rinnovamento sociale – sulla scorta dell'elaborazione della dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 – e in seguito anche politico, con la nascita dei primi fermenti patriottici indirizzati all'autodeterminazione dei popoli che portarono poi, nella penisola italiana, al Risorgimento[25][26][27].

Nell specifico, l'uso della coccarda francese tricolore fu introdotto il 12 luglio 1789, due giorni prima della presa della Bastiglia. Il giornalista rivoluzionario Camille Desmoulins, rivolgendosi alla folla parigina in subbuglio, chiese quale colore adottare come simbolo della Rivoluzione, suggerendo il verde speranza oppure il blu della rivoluzione americana, simbolo di libertà e democrazia: i rivoltosi risposero "Il verde! Il verde! Vogliamo delle coccarde verdi!"[28]. Desmoulins colse quindi una foglia verde da terra e se l'appuntò al cappello come segno distintivo, invitando gli altri a fare altrettanto[28].

Il verde della primigenia coccarda francese fu abbandonato il giorno seguente, il 13 luglio 1789, in favore del blu e del rosso, ovvero dei colori di Parigi. Il verde fu sostituito perché era il colore del fratello del re, il reazionario conte d'Artois, che sarebbe diventato monarca dopo la Restaurazione con il nome di Carlo X[29]. La coccarda francese si completò poi il 17 luglio 1789 con l'aggiunta del bianco, colore dei Borbone, in ossequio al re Luigi XVI, che era ancora regnante nonostante le violente rivolte che imperversavano nel Paese: la monarchia francese fu abolita infatti tre anni dopo, il 10 agosto 1792[23][30].

La nascita dei colori nazionali italiani

Le foglie usate come prime coccarde

Foglie di alloro
Le foglie di alloro furono utilizzate come elementi distintivi di semplice realizzazione dai manifestanti durante i moti di Roma del 1789.

Le prime sporadiche dimostrazioni di sostegno agli ideali della Rivoluzione francese in Italia avvennero nell'agosto del 1789 con l'organizzazione di manifestazioni di protesta in vari luoghi della penisola, in particolar modo nello Stato Pontificio[5]. In questi primi moti, i rivoltosi appuntarono sui vestiti dei distintivi di semplice realizzazione, costituiti da foglie verdi a imitazione di quanto avvenuto in Francia agli albori della rivoluzione[5].

In questo periodo, le coccarde erano in uso come elemento identificativo nei moti di protesta in Europa.[31]. È infatti documentato che il 12 novembre 1789 il governo prussiano vietò alla popolazione della Vestfalia l'utilizzo di coccarde perché viste con sospetto dato il loro significato strettamente legato ai moti di protesta che stavano divampando in Francia: il loro uso travalicò quindi i confini francesi diffondendosi gradualmente nell'intera Europa[31]. Ciò accadde anche grazie alle gazzette che diedero ampio risalto nei vari Paesi al fatto che la coccarda fosse diventata, in Francia, uno dei simboli più importanti dei moti insurrezionali e della lotta del popolo contro il regime assolutistico al governo nel Paese[32].

Presa della Bastiglia
Il popolo di Parigi assalta la Bastiglia il 14 luglio 1789, dando inizio alla Rivoluzione francese: inizialmente i rivoltosi italiani credettero erroneamente che il tricolore sventolato tra le barricate parigine fosse verde, bianco e rosso.

Per quanto riguarda i moti italiani, degne di nota furono le rivolte che ebbero luogo a Fano e Velletri poco prima del 16 agosto, a Roma tra il 16 e il 28 agosto e a Frascati poco prima del 30 agosto, tutte avvenute nello Stato Pontificio[33]. A Roma, in particolare, i manifestanti appuntarono sui propri cappelli delle coccarde composte da foglie di alloro[33]. I rivoltosi chiedevano l'abbassamento del prezzo dei beni di prima necessità con la minaccia di scatenare sommosse paragonabili alle violente proteste parigine in caso di rifiuto delle autorità[33].

La gazzetta milanese Staffetta di Sciaffusa definì le proteste nello Stato Pontificio « ballo delle coccarde verdi» in un articolo apparso il 16 agosto 1789[33]. Già nel settembre 1789 ornamenti in stoffa di colore verde sostituirono definitivamente quelli composti da foglie nelle sommosse in Italia[34].

La prima coccarda italiana tricolore

Nelle prime settimane della stagione rivoluzionaria restò credenza comune, in Italia, che quello verde, bianco e rosso fosse il tricolore sventolato dai rivoltosi francesi: gli insorti italiani utilizzarono inizialmente questi colori come semplice imitazione delle proteste che stavano prendendo piede in Francia e che erano finalizzate – in entrambe le nazioni – ai medesimi obiettivi, ovvero al raggiungimento di migliori condizioni di vita e all'ottenimento dei diritti politici, da sempre negati dai regimi assolutistici[5]. Le gazzette italiane avevano riportato delle inesattezze sugli eventi delle sommosse francesi, in particolar modo omettendo che il blu e il rosso fossero stati sostituiti al verde e riportando la notizia che il tricolore francese fosse verde, bianco e rosso[35].

I giornali in Italia diedero ampio risalto alla composizione cromatica della coccarda utilizzata dai francesi, che divenne un elemento distintivo ben radicato tra i manifestanti. La notizia raggiunse in effetti un'ampia eco, se si considera che all'epoca in Italia si stampavano circa una ottantina di testate, cinque delle quali nella sola Milano[35][36]. Nei primi tempi della rivoluzione, furono riportate anche notizie contraddittorie[36]. Ad esempio La Staffetta di Sciaffusa diede la notizia che in Francia la coccarda composta da foglie verdi fosse stata sostituita, il giorno successivo, da una coccarda bianca e rossa (invece che blu e rossa)[36].

Panorama di Genova all'inizio del XIX secolo
Panorama di Genova all'inizio del XIX secolo. Qui comparve per la prima volta la coccarda italiana tricolore, e con essa i colori nazionali italiani.

Anche a riguardo della successiva e definitiva coccarda blu, bianca e rossa, che venne adottata a Parigi il 17 luglio, i giornali riportarono informazioni confuse, come nel caso de Il Corriere di Gabinetto, che la descrisse come rossa e blu oppure, secondo altre testate, come La Gazzetta Enciclopedica di Milano, che fosse bianca e rosa[35]. Tutte le testate italiane riportarono successivamente la notizia che i rivoluzionari francesi avessero adottato ornamenti tricolori quali elementi identificativi, ma sbagliarono nell'indicare il verde come uno dei tre colori, al posto del blu[34].

La prima traccia documentata dell'utilizzo in Italia della coccarda verde, bianca e rossa, che non specifica però la disposizione dei colori sull'ornamento, è datata 21 agosto 1789[2]. Negli archivi storici della Repubblica di Genova è riportato che testimoni oculari avessero visto aggirarsi per la città alcuni manifestanti con apposta sui vestiti «la nuova coccarda francese bianca, rossa e verde introdotta da poco tempo a Parigi»[2]. È indicativo l'utilizzo del termine "nuova coccarda": evidentemente in questa città si era già a conoscenza dell'avvenuto passaggio, in Francia, dagli elementi identificativi composti da foglie, a coccarde in stoffa a due e successivamente a tre colori, nonostante s'ignorasse la reale composizione cromatica[37].

Coccarda italiana tricolore a disco
Versione schematica della coccarda italiana tricolore rappresentata nella forma "a disco"[38].

L'uso della coccarda fu visto con sospetto e avversione dalle autorità statali genovesi, poiché richiamava quelle spinte sociali che iniziavano a diffondersi in Europa: questi fermenti popolari avevano infatti frequentemente connotati rivoluzionari e destabilizzanti[2]. Fu introdotto l'uso del tricolore italiano come forma di protesta popolare nei confronti dei regimi assolutistici che all'epoca governavano la penisola e non come una manifestazione patriottica di italianità, dato che si era ancora lontani dalla nascita di quella presa di coscienza nazionale che portò poi al Risorgimento[N 1][5].

È possibile che coccarde verdi, bianche e rosse fossero state indossate anche prima del 21 agosto, e altrove rispetto a Genova[39]: i fermenti rivoluzionari francesi erano infatti giunti in Italia probabilmente prima di tale data. Tuttavia, non esistono evidenza storiche che supportino tale eventualità[2]. È invece provato da testimonianze scritte che nei primi moti rivoluzionari in Italia, che si verificarono in agosto nello Stato Pontificio, furono indossati ornamenti composti con le foglie e non coccarde tricolori[2].

Quando infine giunsero anche in Italia informazioni esatte sulla composizione cromatica della coccarda francese, i giacobini italiani decisero di mantenere il verde al posto del blu, perché esso rappresentava anche la natura e quindi – metaforicamente – anche i diritti naturali, ovvero l'uguaglianza e la libertà, entrambi principi a loro cari[22]. Il tricolore verde, bianco e rosso, quando ne fu introdotto l'uso, ebbe inizialmente valenza imitativa, per poi diventare uno dei simboli patri italiani durante i moti popolari risorgimentali di inizio XIX secolo[5].

La coccarda tricolore diventa uno dei simboli patri italiani

Vittoriano e Frecce Tricolori
Le Frecce Tricolori sfrecciano sul Vittoriano mentre disegnano i colori nazionali italiani durante la parata militare per la Festa della Repubblica Italiana del 2 giugno 2022. Rappresentano l'utilizzo scenografico più conosciuto dei tre colori nazionali italiani[40]. Dopo la loro comparsa a Genova il 21 agosto 1789, il rosso, il bianco e il verde sono gradualmente entrati nell'immaginario collettivo degli italiani fino a essere rappresentati nei più svariati ambiti.

L'adozione della coccarda verde, bianca e rossa fu graduale da parte dei patrioti italiani: versioni alternative bicolore, bianche e rosse, furono indossate nel 1790 nel Granducato di Toscana e nel 1792 a Porto Maurizio, nella Repubblica di Genova[41]. Nel 1791 alcuni marinai genovesi indossarono delle coccarde tricolori italiane per la prima volta all'estero, a Tolone, in Francia[41].

Successivamente, la diffusione della coccarda tricolore prese piede sempre in misura maggiore, divenendo gradualmente l'unico ornamento utilizzato dai patrioti italiani[5]. Chiarito infatti l'errore delle testate giornalistiche sui colori della coccarda tricolore francese, e assunti di conseguenza i connotati dell'unicità, i patrioti la iniziarono a definire "coccarda italiana" facendola diventare uno dei simboli del Paese[5].

L'uso del tricolore verde, bianco e rosso nelle coccarde precedette di sette anni il primo stendardo militare tricolore, che venne adottato dalla Legione Lombarda l'11 ottobre 1796[3], cui è associata la prima approvazione ufficiali dei colori nazionali italiani da parte delle autorità, in questo caso napoleoniche, e di otto anni l'adozione della bandiera d'Italia, di cui fu introdotto l'uso il 7 gennaio 1797, quando assunse per la prima volta il ruolo di vessillo nazionale di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana[4].

La coccarda della sommossa di Bologna

L'organizzazione della rivolta e la realizzazione delle coccarde

Luigi Zamboni
Luigi Zamboni.

Degne di nota, da un punto di vista storico, visto il processo giudiziario e il clamore che ne seguirono, furono delle coccarde tricolori realizzate nel 1794 da due studenti dell'Università di Bologna, il bolognese Luigi Zamboni e l'astigiano Giovanni Battista De Rolandis, che si posero a capo di un tentativo insurrezionale per liberare Bologna dal dominio pontificio; oltre ai due studenti, facevano parte dell'impresa anche due dottori in medicina, Antonio Succi e Angelo Sassoli, che tradirono poi gli altri patrioti riferendo tutto alla polizia pontificia, e altre quattro persone (Giuseppe Rizzoli detto della Dozza, Camillo Tomesani Collo Torto, Antonio Forni Mago Sabino e Camillo Galli)[42][43].

Durante questo tentativo di innescare una sommossa, che fu organizzato tra il 13 e il 14 novembre 1794 (oppure, secondo altre fonti, il 13 dicembre 1794)[44], i manifestanti guidati da De Rolandis e Zamboni sfoggiarono una coccarda rossa e bianca (che sono anche i colori dello stemma comunale di Bologna) avente una fodera di colore verde[44]. Queste coccarde tricolori, realizzate dai genitori di Zamboni, che di mestiere facevano i merciai e che pagarono poi a caro prezzo questa iniziativa, avevano il verde al centro, il bianco subito all'esterno e il rosso sul bordo[1].

Giovanni Battista De Rolandis
Giovanni Battista De Rolandis.

Luigi Zamboni aveva già espresso in precedenza il desiderio di creare un vessillo tricolore che sarebbe dovuto diventare, a unità nazionale completata, la bandiera d'Italia[44]. Nello specifico Zamboni, il 16 settembre 1794, dichiarò[45]:

« Fratelli, spero molto con voi. Iddio ci ha già benedetti… Oh, la vittoria non può fallire a chi combatte per la patria, nel nome di Dio!… Da secoli divisi, noi manchiamo d'un'insegna che dall'Alpi al Quarnero ci dica figli di una istessa madre; che raccolga gli affetti tutti degli Italiani delle varie provincie. È necessario un vessillo nazionale, tra un popolo che risorge a libertà; necessarissimo a noi, nella lotta che stiamo per incominciare; a noi che quasi stranieri ci guardiamo fra un popolo e l'altro… Un tale vessillo dobbiamo creare in questa seduta… Il 16 luglio 1789 il rosso ed il turchino, colori della città di Parigi, erano decretati colori nazionali; ad essi univasi il bianco in onore del re, e così componevasi la bandiera di Francia. Noi al bianco ed al rosso, colori della nostra Bologna, uniamo il verde, in segno della speranza che tutto il popolo italiano segua la rivoluzione nazionale da noi iniziata, che cancelli que' confini segnati dalla tirannide forestiera. »

Durante l'opera di reclutamento Giovanni Battista De Rolandis e Luigi Zamboni riuscirono a convincere una trentina di persone a partecipare al loro atto insurrezionale[44]. I due acquistarono anche alcune armi da fuoco, che in seguito si rilevarono di scarsa qualità[44]. L'obiettivo era quello di diffondere un volantino destinato a far insorgere Bologna e Castel Bolognese; il proclama tuttavia non sortì alcun effetto[44].

Il fallimento della sommossa e il processo

Palazzo d'Accursio
Palazzo d'Accursio a Bologna.

Dopo aver fallito nel tentativo di far insorgere la città, i rivoluzionari cercarono di rifugiarsi nel Granducato di Toscana, ma furono catturati a Covigliaio e consegnati alle autorità pontificie[44]. Dopo la cattura dei fuggiaschi, fu istituito presso il tribunale criminale del Torrone[N 2] un processo Super complocta et seditiosa compositione destributa per civitatem in conventicula armata, ovvero per "complotto e tentativo di insurrezione popolare armata"[46]. Il processo coinvolse tutti i partecipanti all'atto insurrezionale, compresi i familiari di Zamboni e i fratelli Succi[46].

Luigi Zamboni venne trovato morto il 18 agosto 1795 all'interno di una cella soprannominata "Inferno", che condivideva con due delinquenti comuni, da loro ucciso su ordine della polizia o forse suicida dopo un infruttuoso tentativo di fuga[47]. Altre ipotesi ancora vogliono che si fosse trattato di un omicidio i cui mandanti andrebbero cercati in alcune famiglie senatorie bolognesi, in particolare nella famiglia Savioli[48].

Giardino della Montagnola
Scorcio del Giardino della Montagnola a Bologna, dove vennero seppelliti Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis. Le loro salme furono successivamente disperse.

Giovanni Battista De Rolandis fu giustiziato pubblicamente, dopo essere stato sottoposto a interrogatori preceduti e seguiti da feroci torture[49], il 26 aprile 1796[47]. Il padre di Zamboni morì di infarto quasi a ottant'anni dopo aver subito atroci supplizi, mentre la madre venne prima frustata per le vie di Bologna e poi condannata al carcere a vita[47]. Gli altri imputati, dopo aver scontato pene minori[46], furono liberati di lì a poco dai francesi che nel frattempo avevano invaso l'Emilia, cacciando le truppe pontificie[47]. Le salme di De Rolandis e Zamboni vennero in seguito solennemente tumulate a Bologna nel Giardino della Montagnola su ordine diretto di Napoleone[50], per essere poi disperse nel 1799 con l'arrivo degli austriaci[47].

Alla coccarda tricolore e alla sommossa di Bologna capitanata da De Rolandis e Zamboni, Giosuè Carducci dedicò una strofa dell'ode Nel vigesimo anniversario dell'8 agosto 1848:

« Le mie vittoriose aquile io voglio
Piantar dove moriva il tuo Zamboni
A i tre color pensando; e vo' l'orgoglio
De' tuoi garzoni. »

Esiste ancora una delle coccarde tricolori utilizzate originariamente da Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis[1]. Di proprietà della famiglia De Rolandis, è stata esposta per diverso tempo all'interno del Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino[1]. Nel 2006, in occasione di alcuni lavori di ristrutturazione, è stata trasferita al Museo europeo degli studenti dell'Università di Bologna, dove è tuttora conservata[1].

Il libero utilizzo durante l'epoca napoleonica

Giuseppe Compagnoni
Giuseppe Compagnoni, conosciuto come il "padre del tricolore" per aver proposto per primo l'adozione di una coccarda e di una bandiera tricolore verde, bianca e rossa per uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana.

Dopo gli eventi di Bologna, la coccarda tricolore fu indossata durante l'ingresso di Napoleone a Milano il 15 maggio 1796[51]. In quell'occasione furono realizzate delle coccarde circolari con il rosso all'esterno, il verde in posizione intermedia e il bianco al centro[52]. Tali ornamenti furono indossati dai patrioti italiani anche durante le cerimonie religiose officiate all'interno del Duomo di Milano come ringraziamento per l'arrivo di Napoleone, che fu visto – perlomeno all'inizio – come un liberatore[51]. Le coccarde tricolori diventarono poi uno dei simboli ufficiali della Guardia nazionale milanese, che fu fondata il 20 novembre 1796, diffondendosi poi anche altrove lungo la penisola italiana[22]. La coccarda italiana si legò in modo particolare al movimento giacobino, che ne fece uno dei suoi simboli più importanti[22].

Per la prima volta per uno Stato sovrano italiano, il 7 gennaio 1797 una bandiera verde, bianca e rossa fu adottata come vessillo della Repubblica Cispadana durante un'assemblea che ebbe luogo nel salone del municipio di Reggio Emilia (che fu poi rinominato in Sala del Tricolore e che divenne sala consiliare del comune), su proposta di Giuseppe Compagnoni, che per questo è celebrato come il "padre del tricolore"[53][54][55]. Nella stessa occasione venne deciso che la coccarda tricolore, considerata anch'essa uno dei simboli ufficiali del neonato Stato napoleonico[56][57], avrebbe dovuto essere indossata da tutti i cittadini[58].

« Dal verbale della Sessione XIV del Congresso Cispadano: Reggio Emilia, 7 gennaio 1797, ore 11. Sala Patriottica. Gli intervenuti sono 100, deputati delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Giuseppe Compagnoni di Lugo fa mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. Vien decretato. »
Sala del Tricolore
La settecentesca Sala del Tricolore, poi diventata sala consiliare del comune di Reggio Emilia, dove la coccarda e la bandiera tricolore furono ufficialmente adottate dalla Repubblica Cispadana.

In questo contesto, a Bergamo, fu stabilito l'obbligo, da parte dei civili, di indossare una coccarda tricolore appuntata sui vestiti; analoga imposizione fu sancita, il 13 maggio 1797, anche a Modena e Reggio Emilia[59][60]. Anche senza bisogno di disposizioni in tal senso da parte delle autorità statali, l'uso della coccarda si estese sempre di più tra la popolazione, che la portava con orgoglio, gettando le basi, insieme ad altri fattori, al movimento popolare risorgimentale[61].

Il 29 giugno 1797, grazie alla fusione tra la Repubblica Cispadana e la Repubblica Transpadana, nacque la Repubblica Cisalpina, un organismo statale filo francese che si estendeva sulla Lombardia, su parte dell'Emilia e sulla Romagna e che aveva come capitale Milano[62][63]. Alla cerimonia ufficiale che sancì la nascita della neonata repubblica, organizzata al Lazzaretto di Milano, comparvero una moltitudine di bandiere e di coccarde tricolori[64].

Il suo uso nel Risorgimento

I primi moti risorgimentali

Carlo Alberto di Savoia
Carlo Alberto di Savoia.

Alla sconfitta definitiva di Napoleone seguì la Restaurazione, volta a contrastare le idee della Rivoluzione francese, tra cui il concetto di autodeterminazione dei popoli[65], e a ristabilire al potere i regimi assolutistici pre-rivoluzionari. Il patriottismo unitario del primo Risorgimento, e i colori nazionali italiani che lo simboleggiavano, dovettero allora entrare in clandestinità[51][66][67]. Gli obiettivi della restaurazione confliggevano tuttavia sia con il desiderio di alcuni popoli di affrancarsi dalla dominazione straniera, volendo invece costituire un organismo statale unitario e indipendente come nel caso italiano, sia con la richiesta di avere maggiori diritti civili e politici da parte della popolazione - istanze che riaffiorarono in modo palese nei moti che avrebbero caratterizzato il XIX secolo[68].

L'uso della coccarda italiana venne vietato dagli austriaci nel Regno Lombardo-Veneto insieme all'utilizzo della bandiera verde, bianca e rossa pena la condanna a morte[69]. Lo scopo di questo provvedimento, citando le testuali parole dell'imperatore Francesco Giuseppe, era di "fare dimenticare di essere italiani"[70]. La coccarda tricolore ricomparve durante i moti del 1820-1821 nel Regno delle Due Sicilie appuntata sui cappelli o sui vestiti dei patrioti italiani: il suo uso quindi si presentava ancora sporadico e limitato a un territorio specifico[71]. Viceversa, in occasione dei solenni festeggiamenti del 1820 legati alla concessione della costituzione da parte di Ferdinando I delle Due Sicilie, i membri della famiglia reale indossarono delle coccarde tricolori[72]. I moti del 1820-1821 ebbero infatti le conseguenze maggiori nel Regno di Sardegna, dove i moti furono guidati per un breve periodo da Carlo Alberto di Savoia[73], non ancora diventato re, e nel Regno delle Due Sicilie: in quest'ultimo, in particolare, fu riaperto anche il Parlamento siciliano e venne convocato per la prima volta il Parlamento napoletano[74].

Museo nazionale del Risorgimento italiano
L'ingresso del Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino, che è il più antico e il più importante museo dedicato al Risorgimento per via della ricchezza e della rappresentatività delle sue collezioni[75].

Com'era accaduto nel decennio precedente, anche durante le rivolte del 1830-1831, i patrioti italiani appuntarono sui propri indumenti delle coccarde tricolori o sventolarono dei fazzoletti tricolori. Anche in questo caso, però, l'uso della coccarda risultò limitato ad alcuni Stati della penisola italiana, principalmente nello Stato Pontificio, nel Ducato di Modena e Reggio e nel Ducato di Parma e Piacenza[76].

Se le sommosse del XIV e del XV secolo vennero guidate dall'umanesimo, con tutti gli effetti del caso, tra cui il legame con il classicismo, le rivolte patriottiche del XIX secolo, con le loro idee di indipendenza e libertà, e con i loro simboli iconici, tra i quali ci furono le coccarde, erano invece ispirate dal Romanticismo[77].

I moti del 1848

Coccarda tricolore su un cappello di un Carabiniere
Coccarda italiana tricolore cucita sul cappello dell'alta uniforme di un Carabiniere.

Coccarde tricolori continuarono a essere protagoniste, appuntate sul petto o sui cappelli dei patrioti, nelle sollevazioni popolari che seguirono nel 1848, come nel caso delle cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848), nel corso delle quali ebbero un'ampia diffusione tra gli insorti, tra i quali ci furono molti religiosi[78][79].

In questo contesto, il 23 marzo 1848, il re di Sardegna Carlo Alberto emise un proclama con decisi connotati politici, attraverso il quale il sovrano sabaudo assicurava al Governo provvisorio di Milano formatosi in seguito alle cinque giornate che le sue truppe, pronte a venirgli in aiuto, avrebbero utilizzato, come bandiera militare, il tricolore italiano[80]:

« e per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana, vogliamo che le nostre truppe, entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo Scudo di Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore italiana »

I milanesi accolsero poi Carlo Alberto e le sue truppe con una profusione di bandiere e coccarde tricolori[81]. Questo fu il primo atto con il quale Carlo Alberto introdusse formalmente l'uso del tricolore nel Regno. Il 14 giugno 1848, una circolare del Ministero della guerra del Regno di Sardegna, decretò inoltre la sostituzione della coccarda azzurra sabauda, in tutti gli ambiti militari in cui era utilizzata, con la coccarda tricolore[82]:

Reggimento di cavalleria "Lancieri di Montebello"
Reggimento di cavalleria "Lancieri di Montebello" alla Festa della Repubblica Italiana del 2 giugno 2006. Si può notare la presenza, sul loro cappello, sotto lo stemma, della coccarda italiana tricolore.
« Con Circolare ministeriale del 14 giugno 1848 si faceva noto ai Governatori ed al Viceré di Sardegna avere S.M. ordinato, che la Bandiera Tricolore Nazionale Italiana con sopra la Croce di Savoia fosse sostituita a quella esistente nei Forti ed altri luoghi ove si suole inalberare; che tale Bandiera fosse distribuita pure a tutti i Corpi del R. Esercito, e limitata in avvenire ad una sola per ogni Reggimento; e che tanto gli Uffiziali, come le truppe tutte, avessero parimenti a sostituire all'azzurra la Coccarda ai tre colori nazionali italiani; l'uso della quale, secondo le dichiarazioni del Dispaccio ministeriale 13 luglio successivo, dovesse senza dubbio estendersi a tutti i R. Impiegati che vestissero una divisa. »

La coccarda azzurra era fino a quel momento collocata sul cappello della divisa dell'Arma dei Carabinieri, sul fregio dei berretti dei bersaglieri e sui copricapi dei reggimenti di cavalleria[83][84][85]. Sul cappello dei Carabinieri la coccarda azzurra era presente fin dalla fondazione dell'Arma, che è datata 1814[86], per l'Arma di cavalleria la sua introduzione è ascrivibile al 1843[82] mentre per i bersaglieri al 1836[84].

Nello specifico, lo stralcio della circolare del 14 giugno 1848 recitava che la coccarda azzurra sarebbe stata sostituita[83]:

« la coccarda ai tre colori nazionali italiani conforme ai modelli stabiliti. »
Laura Solera Mantegazza
Laura Solera Mantegazza.

In ambito istituzionale la coccarda azzurra ebbe invece sorte diversa. Lo Statuto Albertino del Regno di Sardegna, che fu promulgato il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto, da cui il nome, e che diventò poi la legge fondamentale del Regno d'Italia, prevedeva infatti all'articolo 77 che la coccarda azzurra fosse la sola nazionale[87][88]. Questo articolo rimase in vigore fino al 1º gennaio 1948 quando lo Statuto Albertino fu sostituito dalla Costituzione repubblicana, che sancì l'uso della coccarda tricolore in tutte le sedi ufficiali della Repubblica[89].

Durante i moti del 1848 l'uso delle coccarde tricolori si estese a tutti gli Stati preunitari italiani. Furono infatti appuntate sui cappelli o sui vestiti dei patrioti italiani nel Regno di Sardegna[90], nel Regno Lombardo-Veneto[91], nel Regno delle Due Sicilie[92], nello Stato Pontificio[93], nel Granducato di Toscana[94] e nei Ducati di Parma e Piacenza e di Modena e Reggio[78]. Le autorità, impegnate a contrastare le agitazioni popolari, guardavano con sospetto ai sentimenti che l'uso della coccarda tricolore poteva infondere tra i manifestanti; ad esempio, Carlo II di Parma, sebbene fosse tra i sovrani più tolleranti (tant'è che concesse una relativa libertà di stampa), ne vietò l'uso nel suo ducato[95].

In ambito ufficiale la coccarda diventò uno dei simboli ufficiali del Regno di Sicilia, resosi indipendente dal regno borbonico durante la rivoluzione siciliana del 1848[92].

Dall'Unità d'Italia alla presa di Roma

Rocca estense di San Felice sul Panaro
Una coccarda tricolore proiettata sulla Rocca estense di San Felice sul Panaro in occasione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia (2011).

Durante la seconda guerra d'indipendenza gli abitanti dei territori che venivano gradualmente conquistati dal "re eletto"[N 3] Vittorio Emanuele II e dall'imperatore francese Napoleone III acclamavano i due sovrani come liberatori sventolando bandiere verdi, bianche e rosse e indossando coccarde tricolori; anche le regioni pronte a chiedere l'annessione al Regno di Sardegna attraverso i plebisciti risorgimentali esprimevano la loro volontà di far parte di un'Italia unita con lo sventolio di bandiere e l'uso di coccarde sui vestiti[96].

Le coccarde tricolori erano presenti anche durante la spedizione dei Mille (1860), iniziando a comparire sulle giacche dei siciliani che gradualmente ingrossavano le file dei garibaldini[97]. In particolare, furono reintrodotte poco prima della conquista, da parte di Giuseppe Garibaldi, di Palermo, per poi seguire l'eroe dei due mondi nella sua vittoriosa campagna nel Regno delle Due Sicilie[97].

Delle coccarde tricolori erano consegnate agli abitanti del Regno delle Due Sicilie, poco prima di ogni moto di insurrezione, affinché avessero un segno distintivo dal significato inequivocabile[98]. Furono appuntate anche sul berretto della divisa ufficiale del corpo di ordine pubblico istituito da Giuseppe Garibaldi nelle terre che progressivamente venivano conquistate[99].

Coccarde tricolori furono realizzate da alcune patriote milanesi, guidate da Laura Solera Mantegazza, per finanziare la spedizione dei Mille[100]. A ciascuna coccarda italiana, che era in vendita a una lira, era associato un biglietto numerato riportante sul fronte l'effige di Giuseppe Garibaldi, il tricolore italiano e la scritta "Soccorso a Garibaldi", mentre sul retro la dicitura "Soccorso alla Sicilia"[100]. Di queste coccarde ne furono venduti 24.442 esemplari, un risultato al di sotto delle aspettative forse a causa di una voce infondata diffusasi tra la popolazione sostenente che parte del guadagno ottenuto dalla vendita delle coccarde sarebbe andato a Giuseppe Mazzini, patriota malvisto da una parte dei milanesi[100].

Coccarde italiane tricolori furono diffusamente apposte sui vestiti dei patrioti anche dopo la presa di Roma, che avvenne nel 1870, completando l'Unità d'Italia[101]. L'utilizzo di coccarde tricolori continuò anche a conquiste risorgimentali terminate: nei territori poi soggetti ai plebisciti, anche dopo la consultazione popolare, fu molto comune l'uso di ornamenti verdi, bianchi e rossi appuntati su abiti e berretti[102].

Dalla presa di Roma alla prima guerra mondiale

Velivolo della Regia Areonautica
La coccarda tricolore nella sua forma a disco dipinta su un velivolo della Regia Aeronautica.

Terminata la stagione risorgimentale, la coccarda tricolore continuò a essere adoperata in campo militare sui copricapi da parata dei sopracitati reparti delle forze armate italiane e fu introdotta, inoltre, nell'ambito aeronautico[13][103].

Dopo l'entrata del Regno d'Italia nella prima guerra mondiale, il Comando supremo militare italiano si rese conto dell'inadeguatezza dei contrassegni precedentemente utilizzati sugli aerei italiani: pertanto ordinò di verniciare l'impennaggio verticale con il tricolore e l'intradosso delle ali con sezioni verdi, bianche e rosse per il riconoscimento della nazionalità[104]. Molto più spesso la sezione centrale venne verniciata con colori diversi dal bianco, rimanendo del colore della tela[105]. Come ulteriore contrassegno, la coccarda tricolore, nella versione schematica "a disco" con il rosso esterno, il bianco centrale e il verde interno, fu istituita il 21 dicembre 1917, venendo posta ai lati della fusoliera e sopra l'ala superiore[106].

Nel periodo immediatamente successivo comparvero delle coccarde tricolori che avevano il perimetro verde e il disco centrale rosso – quindi con una posizione dei colori che era invertita rispetto a quella convenzionalmente utilizzata – sembra in seguito a lamentele provenienti dagli alleati[107], finalizzate a evitare che si facesse confusione con gli aerei del Royal Flying Corps britannico e con i velivoli dell'Aéronautique Militaire francese, che operavano nello stesso teatro di guerra e che avevano entrambe una coccarda che poteva essere confusa con quella italiana, visto che i colori che le differenziavano erano visivamente simili se osservati rapidamente[N 4] oppure se guardati in condizioni di bassa visibilità[103].

Coccarda tricolore della Brigata Garibaldi
La coccarda tricolore con stella rossa al centro utilizzata dai partigiani delle Brigate Garibaldi durante la Resistenza nel corso della seconda guerra mondiale.

Spesso i velivoli acquistati direttamente in Francia mantennero comunque, per praticità, delle coccarde con il rosso all'esterno, semplicemente sovrapponendo il verde al blu centrale, quindi all'inverso degli aerei di produzione nazionale[108].

L'epoca fascista e la seconda guerra mondiale

In ambito aeronautico, la coccarda italiana tricolore fu usata, in modo discontinuo, fino al 1927, quando venne sostituita da una coccarda raffigurante il fascio littorio, uno dei simboli più identificativi del fascismo[109]. La coccarda tricolore con il rosso verso l'esterno e il verde al centro è tornata in uso, senza più essere cambiata, nel 1943, durante la seconda guerra mondiale[103], in occasione della costituzione dell'Aeronautica Cobelligerante Italiana: dopo la caduta del fascismo, ci fu infatti l'immediata scomparsa di tutti i simboli a esso legati, fascio littorio compreso[109].

Degne di nota, per la loro particolarità, furono delle coccarde usate dai partigiani dalle Brigate Garibaldi durante la Resistenza nel corso della seconda guerra mondiale, che erano caratterizzate dalla presenza, al loro centro, di una stella rossa[110].

L'era repubblicana

Festa della Repubblica
Le massime cariche dello Stato con una coccarda tricolore appuntata sulla giacca, durante la parata militare per la Festa della Repubblica Italiana, il 2 giugno 2023.

La coccarda tricolore ha sostituito il 1º gennaio 1948, quando è entrata in vigore la costituzione della Repubblica Italiana, in tutte le sedi ufficiali, la coccarda azzurra, ovvero la coccarda derivante dal blu Savoia, colore della casa regnante italiana dal 1861 al 1946. La coccarda tricolore, che è stata poi diffusamente utilizzata su tutti gli aeromobili statali italiani, sia civili, sia militari[9], è ancora oggi uno dei simboli dell'Aeronautica Militare Italiana[111]. Nel 1991 è stata introdotta la coccarda tricolore a bassa visibilità, che è caratterizzata dalla banda bianca più stretta rispetto alle altre due[112].

Sempre in ambito militare, la coccarda tricolore è dal 14 giugno 1848 la base del fregio da parata dei bersaglieri, dei reggimenti di cavalleria, dei Carabinieri – quando ha sostituito in questo ruolo la coccarda azzurra – e della Guardia di Finanza[10][12]. Quest'ultima è stata fondata nel 1862, quindi successivamente al cambio di coccarda, che è datato 1848: pertanto la Guardia di Finanza ha sempre avuto, come base del proprio fregio, la coccarda tricolore[10]. È tradizione, per le massime cariche dello Stato avere appuntata sulla giacca, durante la parata militare della Festa della Repubblica Italiana, che è celebrata ogni 2 giugno, una coccarda italiana tricolore[8].

Gianluigi Buffon
Gianluigi Buffon nel 2016. Sulla maglia sono presenti sia la coccarda italiana tricolore nella sua forma a disco (in alto a sinistra), sia lo scudetto (al centro in basso), indossati dai vincitori rispettivamente della Coppa Italia e del campionato di Serie A nella stagione precedente.

Nello sport italiano – seguendo una tradizione nata nel calcio sul finire degli anni cinquanta del XX secolo[13], e ricalcante la prassi dello scudetto, che debuttò sulle maglie del Genoa nella stagione 1924-1925 su idea di Gabriele D'Annunzio[113] – la coccarda tricolore è divenuta il simbolo distintivo dei successi nelle coppe nazionali, cucita sulla maglia della squadra detentrice di questo trofeo: le formazioni vincitrici nelle varie Coppe Italia possono infatti sfoggiare la coccarda italiana, nella forma schematica "a disco"[38], sulle proprie divise per l'intera stagione successiva alla vittoria[114].

La coccarda tricolore ha debuttato nel calcio nella stagione 1958-1959 sulle maglie della Lazio[115][N 5]. A partire dalla stagione 1985-1986, la coccarda utilizzata per le squadre detentrici della Coppa Italia subì una modifica: iniziò a essere utilizzata la versione con i colori invertiti, ovvero con il verde esterno e il rosso al centro[116][117].

Dalla stagione calcistica 2006-2007 è stata ripristinata la tipologia convenzionale, quella con il rosso all'esterno e il verde al centro[118][119]. Nel calcio la coccarda italiana è anche il simbolo, sempre nella forma "a disco"[38], delle vittorie nella Coppa Italia Serie D, nella Coppa Italia Dilettanti e – con sostanziali differenze stilistiche, visto che è rappresentata nella forma schematica "a circolo" oltre che con il verde all'esterno e il rosso all'interno[38] – nella Coppa Italia Serie C[120].

Nella cultura popolare

Alla coccarda italiana tricolore è stato dedicato un celebre brano musicale scritto da Francesco Dall'Ongaro e musicato da Luigi Gordigiani[121]:

«E lo mio amore se n'è ito a Siena,
portommi la coccarda di tre colori:
il candido è la fé che c'incatena,
il rosso è l'allegria de' nostri cuori.
Ci metterò una foglia di verbena
ch'io stessa alimentai di freschi umori.
E gli dirò che il verde, il rosso e il bianco
gli stanno ben con una spada al fianco,
e gli dirò che il bianco, il rosso e il verde
gli è un terno che si gioca e non si perde
e gli dirò che il verde, il bianco e il rosso
vuoi dir che Italia il giogo suo l'ha scosso,
Infine gli dirò che il tricolore
emblema è di fè, di pace e amore.»

Evoluzione storica delle coccarde italiane

In ambito istituzionale

In ambito militare

In ambito aeronautico

In ambito sportivo

Note

Annotazioni

  1. ^ La coccarda tricolore francese era chiamata dai mezzi di stampa italiani "coccarda del popolo", "coccarda di cittadini", "coccarda della libertà", "coccarda patriottica", "coccarda nazionale", "segnale della libertà" e "coccarda dell'Assemblea Nazionale" a testimonianza del suo valore universale, legato agli ideali della rivoluzione, che trascendeva dalla nazione in cui nacque. Cfr. testo di Ferorelli a p. 665.
  2. ^ Il tribunale criminale del Torrone si trovava all'interno di Palazzo d'Accursio, storico edificio che si affaccia su piazza Maggiore a Bologna, per secoli sede del municipio della città emiliana nonché, per un periodo, anche delle carceri cittadine. Il tribunale prendeva il nome dalla presenza dell'imponente torrione che caratterizza ancora oggi l'edificio. Cfr. Il tribunale criminale del Torrone, su archiviodistatobologna.it. URL consultato il 24 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2018).
  3. ^ "Re eletto", ovvero in procinto di diventare re d'Italia. Il termine "eletto" ha infatti, tra suoi i sinonimi, "designato", "investito", "prescelto" e "acclamato". Con questo titolo Vittorio Emanuele II di Savoia coniò anche monete che ebbero corso legale nelle Province Unite del Centro Italia, entità statale di breve esistenza costituita da territori che di lì a poco sarebbero stati annessi al Regno di Sardegna grazie ai plebisciti risorgimentali. Cfr. Visione d'insieme delle monete - Re Eletto, su numismatica-italiana.lamoneta.it. URL consultato il 25 settembre 2018.
  4. ^ La coccarde francese ha semplicemente, rispetto a quella italiana, il blu in luogo del verde, mentre la coccarda britannica è praticamente identica a quella francese, ma con il rosso e il blu invertiti di posizione
  5. ^ Nella stagione 1958-1959 furono disputate due diverse edizioni della Coppa Italia, che venne reintrodotta dalla FIGC dopo 15 anni. La Coppa Italia 1958 ebbe inizio prima che cominciasse la Serie A 1958-1959, mentre la Coppa Italia 1958-1959 venne organizzata durante il campionato. Questo fu dovuto alla volontà dell'UEFA di introdurre una nuova competizione europea a cui avrebbero dovuto partecipare le vincitrici delle coppe nazionali: la Coppa delle Coppe. Le prime partite della Coppa Italia 1958 fanno quindi parte della stagione sportiva 1957-1958.

Riferimenti

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  120. ^ Laura Tomasi, Coppa Italia di serie C: Modena nel girone D con Pistoiese e Pontedera, su modenasportiva.it. URL consultato il 4 ottobre 2018.
  121. ^ Zanichelli, p. 438.

Bibliografia

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