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Il cappello da prete è un film del 1944 diretto da Ferdinando Maria Poggioli, al suo ultimo film.
Il soggetto è tratto dal romanzo Il cappello del prete di Emilio De Marchi, e fu sceneggiato da Sergio Amidei e Giacomo Debenedetti.
Napoli, 1888. Il barone di Santafusca, discendente da una nobile famiglia, conduce una vita dissipata. Per pagare i debiti è costretto a vendere la sua casa; tenta di rubare in casa di un prete molto ricco e, sorpreso durante il furto, uccide il sacerdote spretato che aveva accumulato grosse somme esercitando lo strozzinaggio, poi si libera del corpo gettandolo in un pozzo abbandonato. Può così continuare la sua vita di bagordi e di lusso, fino a che il rimorso per il delitto commesso non innesca in lui un processo di autodistruzione: gli incubi del barone, tormentato ed inseguito dall'unica prova rimasta dell'assassinio, quel cappello da prete che, quasi animato di vita propria, lo trascina in una serie rocambolesca ed allucinata di peripezie fin sull'orlo della pazzia e della galera.
Prodotto da Sandro Ghenzi della Universalcine in associazione con la Cines, il film fu girato a Cinecittà nell'estate del 1943 (fu una delle ultime pellicole ad essere ultimate negli stabilimenti romani, prima che venissero abbandonati a causa dei contingenti eventi bellici).
Ebbe il visto censura n. 1 del 4 ottobre 1944.
Il suo titolo provvisorio durante la lavorazione era Castigo.
Il film venne distribuito nel circuito cinematografico italiano il 10 novembre del 1944.
Come per quasi tutti i film italiani degli anni trenta e della prima metà dei quaranta, anche per Il cappello da prete non sono disponibili dati ufficiali sugli introiti economici della pellicola, anche se diverse fonti indicano che il film ebbe scarso successo, probabilmente penalizzato anche dal difficile periodo in cui uscì nelle sale.
Il romanzo di De Marchi verrà in seguito trasposto anche per la televisione, con lo sceneggiato Il cappello del prete diretto da Sandro Bolchi nel 1970 per la Rai.