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Una specie si considera estinta in natura (abbreviato ufficialmente come EW dal nome originale in inglese, Extinct in the Wild) quando i suoi unici membri esistenti sopravvivono in cattività (in collezioni botaniche nel caso dei vegetali), o come specie naturalizzate al di fuori del loro areale storico. Per esempio l'axolotl (un noto anfibio con gran capacità di rigenerazione di arti) una specie che per via del cambiamento climatico, dell'inquinamento perse il suo habitat e al giorno d'oggi si trova quasi solamente in cattività.
Tale categoria compare sulla Lista Rossa delle specie minacciate della IUCN. Si presume che un taxon sia estinto allo stato selvatico quando, dopo esaustivi sopralluoghi nel suo areale storico, non viene rinvenuto nessun esemplare.
Nella versione 2021 della Lista Rossa, la categoria estinto in natura comprendeva 37 taxa di animali e 42 di piante. Tra le specie più conosciute che figurano in questa categoria vi sono l'orice dalle corna a sciabola e il cervo di Padre David.
La reintroduzione della specie è il rilascio deliberato di una specie in natura, dalla cattività o da altre aree in cui l'organismo è stato in grado di sopravvivere.
L'obiettivo della reintroduzione delle specie è stabilire una popolazione sana, geneticamente diversificata e autosufficiente in un'area in cui è stata estirpata o aumentare una popolazione esistente: le specie che possono essere idonee per la reintroduzione sono tipicamente quelle minacciate di estinzione in natura. Tuttavia, la reintroduzione di una specie può essere anche motivata da scopi diversi dalla tutela della biodiversità: ad esempio, i lupi furono talvolta reintrodotti nelle aree selvatiche del Nord America per frenare la sovrappopolazione di cervi. Poiché la reintroduzione può comportare il ritorno di specie autoctone nelle località in cui erano state estirpate, alcuni preferiscono il termine "ristabilimento".