Teoria nordica

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La teoria nordica è stata una teoria linguistica e archeologica che collocava la Urheimat protoindoeuropea, cioè la patria originaria delle lingue indoeuropee, nella Scandinavia meridionale o nel Bassopiano germanico. Questa ipotesi, avanzata da Karl Penka, Hermann Hirt, Gustaf Kossinna e altri, ebbe un certo successo tra il XIX secolo e gli inizi del XX secolo venendo fatta propria dal nazionalsocialismo ma è oggi considerata superata dalla maggioranza degli accademici; recentemente è stata ripresa da Jean Haudry e Carl-Heinz Boettcher.

Descrizione

Secondo Penka, il primo a proporre l'Urheimat nordica, il primitivo popolo indoeuropeo doveva essere sedentario e contadino ed autoctono del settentrione, formatosi senza interferenze esterne sin dal paleolitico. La presenza del termine per indicare il rame nel vocabolario proto-indoeuropeo ricostruito tendenderebbe a restringere la cronologia più alta della patria ancestrale (Urheimat) in una cultura del neolitico finale o del calcolitico. Termini in favore di una localizzazione nordica sarebbero, tra gli altri, quelli per indicare il faggio (bhāghos) e il mare (*mori).

Per Boettcher, il primissimo periodo di formazione dei popoli protoindoeuropei iniziò nel tardo Paleolitico, quando il riscaldamento globale, che fece seguito alla glaciazione Würm, permise ai cacciatori-raccoglitori stanziati nei rifugi glaciali a sud di ripopolare l'Europa settentrionale, ormai libera dai ghiacci. Essi diedero vita a delle manifestazioni archeologiche quali la cultura di Amburgo e la cultura di Federmesser. In queste aree del settentrione, sono comuni dei fenomeni boreali che si ritroverebbero nella mitilogia indoeuropea. Questi gruppi di cacciatori e pescatori sono alla base della successiva cultura Maglemosiana (9000-6500 a.C. circa). L'innalzamento del livello del mare nel Nord Europa causò l'allagamento di parte dei territori occupati dai Maglemosiani (Doggerland) e li respinse a sud. Gli eredi di questa cultura svilupparono le culture di Ertebølle e di Ellerbek. Boettcher confronta le loro attività con quelle dei Vichinghi dei millenni successivi. Vengono descritti come una società guerriera in via di sviluppo, che si occupa di commercio e di pirateria risalendo i corsi d'acqua per razziare le terre occupate dagli agricoltori danubiani delle pianure più meridionali, sottomettendoli per poi diventare i loro capi.

Ceramiche ed ascia in pietra della cultura del bicchiere imbutiforme

La fusione di queste due popolazioni diede origine alla cosiddetta cultura del bicchiere imbutiforme (4200-2600 a.C.), estesa dai Paesi Bassi all'Ucraina nord-occidentale, che sarebbe l'habitat originale dei primi indoeuropei; Haudry sostiene:

«La cultura neolitica dei vasi a imbuto ben si accorda con l'immagine tradizionale del popolo indoeuropeo confermata dalla paleontologia linguistica: in questa cultura troviamo contemporaneamente l'allevamento e la coltivazione delle piante, il cavallo, il carro e l'ascia da guerra, fortificazioni e segni di una società organizzata gerarchicamente.»

La prima cultura indoeuropea sarebbe quindi una sintesi tra la cultura di Ertebølle e le fasi finali della cultura della ceramica lineare. Questa fusione preistorica di due popolazioni differenti spiegherebbe alcuni miti comuni ai popoli indoeuropei studiati da Georges Dumézil come il ratto delle Sabine a Roma o la guerra tra gli Asi e i Vani della mitologia norrena, che mostrerebbero appunto l'unione tra gruppi di guerrieri e gruppi di produttori/agricoltori.

Culture più tarde come la cultura delle anfore globulari e della ceramica cordata rappresenterebbero l'espansione degli indoeuropei dalle loro sedi della pianura nordeuropea verso la Russia (cultura del medio Dnieper, cultura di Fatyanovo-Balanovo) e l'Asia (cultura di Koban). Analoghi movimenti di popolazioni nordiche si sarebbero irradiati dal nord verso l'occidente ed il sud dell'Europa, inclusa l'Anatolia (Troia), tra l'età del bronzo e l'età del ferro.

Note

  1. ^ a b c d Vere Gordon Childe, pp. 177-178.
  2. ^ a b c Francisco Villar, pp. 42-47.
  3. ^ Cfr. Iaroslav Lebedynsky, Gli Indoeuropei, Jaca Book, Milano, 2011.
  4. ^ Carl-Heinz Boettcher, p.28.
  5. ^ Carl-Heinz Boettcher, p.68.
  6. ^ J. P. Mallory, p.596.
  7. ^ Jean Haudry, p.155.
  8. ^ Carl-Heinz Boettcher, p.148.

Bibliografia

Voci correlate