Turkistanische Legion

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Turkistanische Legion
Stemma dell'unità
Descrizione generale
AttivaMaggio 1942
NazioneBandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica
ServizioBandiera della Germania Germania nazista
Dimensione16.000 uomini
Battaglie/guerreSeconda guerra mondiale:
  • Fronte occidentale
  • Campagna d'Italia
  • Simboli
    Bandiera
    Voci su unità militari presenti su Wikipedia

    La Legione Turchestana o Turkestana (in tedesco: Turkistanische Legion) fu un'unità militare composta di popoli turchi che combatterono nella Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale.

    La maggior parte di queste truppe furono disertori o ex-prigionieri dell'Armata Rossa che scelsero di lottare con la Germania nella speranza di costituire uno Stato indipendente nell'Asia centrale (Grande Turchestan) dopo la guerra. Ad essi si aggiunsero i volontari giunti dal Turchestan cinese.

    Volontari turkmeni in Francia
    Area di provenienza dei volontari

    Nata nel 1941 per volere di Hitler, la prima formazione della Legione Turchestana fu mobilitata nel maggio del 1942, originariamente costituita da un solo battaglione, poi ampliata a 16 battaglioni e 16.000 soldati dal 1943.

    Su indicazione del comando della Wehrmacht, queste unità furono impiegate sul fronte occidentale in Francia e nord Italia. Al termine della guerra, gran parte della Legione Turchestana catturata dalle forze britanniche fu riconsegnata all'U.R.S.S., dove furono detenuti nei gulag o nei campi di concentramento.

    Uno dei componenti che riuscì a salvarsi fu l'usbeco Baymirza Hayit che, sfuggito ai britannici, dopo la guerra si stabilì in Germania, e divenne un importante storico dell'Asia centrale e della Legione Turchestana. Anche il leader nazionalista Mustafa Šokaj (in kazako: Мұстафа Шоқай) fece parte della Legione.

    Note

    1. ^ Nick Stargardt, La guerra tedesca, Neri Pozza, 1º giugno 2018, ISBN 978-88-545-1728-8. URL consultato il 22 dicembre 2022.

    Bibliografia

    • The Flag Institute, Flagmaster Nr. 105, Londra, Mayfair, estate 2002.

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