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Figlio di due commercianti stabilitisi a Parigi, il suo percorso scolastico ebbe poco successo e il giovane Vanel sembrò inizialmente destinato a una carriera in Marina, che però abbandonò per problemi di vista. Dal 1908 passò a calcare il palcoscenico e, nel 1912, affrontò il suo primo impegno cinematografico con il cortometraggio Jim Crow di Robert Péguy, cui seguirono numerosi altri ruoli nel cinema muto degli anni dieci e venti.
Specializzatosi in ruoli di personaggi burberi o amari, Vanel continuò la sua attività cinematografica anche dopo l'avvento del sonoro durante gli anni trenta, ma trovando la definitiva consacrazione e consolidando la propria popolarità presso il pubblico soprattutto nel secondo dopoguerra.
Tra le sue numerose interpretazioni, da ricordare i personaggi di massaro Turi Passalacqua, il capo mafioso duro ma leale di un paese siciliano, nel film In nome della legge (1948) di Pietro Germi, e quello di Jo nel dramma Vite vendute (1953) di Henri-Georges Clouzot, un guidatore di camion che rivela a poco a poco la propria fragilità interiore, interpretazione che valse a Vanel una menzione speciale al Festival di Cannes nel 1953. L'attore fu nuovamente diretto da Clouzot ne I diabolici (1955), nel ruolo del commissario in pensione Alfred Fichet.
Tra i più longevi e versatili attori francesi, nella sua carriera Vanel si distinse per professionalità e garbata sobrietà, interpretando i più svariati personaggi con sensibilità e acume. Vincitore di un premio speciale al Festival di Cannes nel 1970, fu ancora attivo in ruoli di anziano e autorevole uomo di legge in pellicole quali La più bella serata della mia vita (1972) di Ettore Scola e Cadaveri eccellenti (1976) di Francesco Rosi.
Il suo ultimo memorabile ruolo fu in Tre fratelli (1981), sempre diretto da Rosi, in cui - quasi novantenne - interpretò magistralmente il personaggio di un vecchio contadino pugliese che, rimasto vedovo, riceve la visita dei suoi tre figli.