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Nicandro di Colofone (in greco antico: Νίκανδρος?, Níkandros; ... – ...; fl. III-II secolo a.C.) è stato un poeta greco antico di età ellenistica.
Fu figlio di Damèo e nativo di Claros presso Colofone, nella Ionia d'Asia, luogo celebre per il culto di Apollo Clario e per un famoso santuario del dio (sembra attendibile la notizia secondo cui Nicandro ne fosse sacerdote).
Già le fonti antiche mostrano una certa confusione nei dati biografici: alcuni, infatti, lo vollero coetaneo di Teocrito (310-260 ca. a.C.), altri lo ascrissero alla generazione successiva, altri ancora lo ritennero contemporaneo di Attalo III di Pergamo (138-133 a.C.). Proprio un carme dedicato a quest'ultimo inviterebbe a considerarlo attivo verso la metà del II secolo avanti Cristo. Tale incertezza sembra essere stata ingenerata dalla confusione con un altro Nicandro, figlio di Anassagora, colofonio pure lui e forse suo antenato, il cui floruit si colloca verso la metà del III secolo avanti Cristo e che l'iscrizione delfica n° 452 della raccolta di Dittenberger ricorda come poeta epico. La confusione ha avuto forti ripercussioni anche sull'attribuzione delle tante opere assegnate nell'antichità a Nicandro e per noi perdute.
Al Nicandro più giovane, il figlio di Damèo, si attribuiscono:
Tra gli altri scritti che non si sono conservati e che non si sa a quale dei due Nicandro attribuire vi era un poema sull'apicultura (Μελισσουργικά) che è stato probabilmente la fonte di Virgilio sull'argomento.
Si aprono con un breve proemio dedicato a tale Ermesianatte (vv. 1-7) e con alcune notizie generali sui veleni, che sarebbero nati dal sangue dei Titanii; si prendono poi in considerazione i vari rimedi contro i veleni, mischiando genericamente nozioni scientifiche e credenze popolari, gli animali più letali (soprattutto i serpenti femmina) e le stagioni più pericolose (vv. 8-144). Seguono una lunga sezione sui rettili (vv. 145-492) e la descrizione degli antidoti (vv. 493-714); vengono poi esaminati i ragni (vv. 715-768), gli scorpioni (vv. 769-804) e le altre specie pericolose per l'uomo (vv. 805-836). In chiusura un'elencazione dei rimedi generali (vv. 837-956) e una σφραγίς sphraghís in cui il poeta invita Ermesianatte a serbare memoria dell'omerico Nicandro, che la città nevosa di Claro nutrì (vv. 957 s.).
Hanno struttura in tutto simile ai Θηριακά. Dopo il proemio dedicatorio a un certo Protagora (vv. 1-11) segue l'elencazione di ventidue veleni di origine animale, vegetale e minerale, degli effetti che sortiscono e degli antidoti da impiegare in ciascun caso (vv. 12-628). Di nuovo in chiusura una σφραγίς (vv. 629 s.), in cui si esorta Protagora a conservare il ricordo di Nicandro e a rispettare la prescrizione di Zeus Xenio.
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