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Il Sinodo di Pistoia fu un sinodo diocesano convocato nel 1786 dal vescovo Scipione de' Ricci ed animato dal teologo Pietro Tamburini, professore all'università di Pavia. In esso si cercò di riformare la Chiesa in senso giansenista.
Il sinodo si svolse in sette sessioni dal 19 settembre 1786 al 28 dello stesso mese.
Diversi furono i decreti emanati dal sinodo:
Per il de' Ricci, questo sinodo doveva rappresentare il primo passo per la nascita di una chiesa nazionale, indipendente da Roma. Il sinodo durò dieci giorni e il lavoro consistette praticamente nell'approvazione di decreti già preparati in precedenza. Lo spirito generale del sinodo, antiromano e anticuriale, è palese in alcuni articoli: conferma degli articoli gallicani del 1682, approvazione di tesi care ai giansenisti (condanna del Sacro Cuore, degli esercizi spirituali, delle missioni popolari), fusione di tutti i religiosi in un solo ordine, soppressione dei voti di povertà ed obbedienza.
Il de' Ricci poi si adoperò perché le decisioni di Pistoia divenissero patrimonio comune dello Stato. Ma il concilio nazionale celebrato a Firenze nel 1787, che avrebbe dovuto confermare le decisioni pistoiesi, rappresentò invece uno smacco per il Ricci: la maggior parte dell'episcopato toscano si mostrò sfavorevole a Pistoia. Ci fu pure un attacco del popolo pratese alla sede vescovile della città, poiché il Ricci aveva screditato la Sacra Cintola. Inoltre, nel 1790 il granduca Leopoldo II lasciava la Toscana per il trono austriaco: il vescovo pistoiese perdeva così il suo appoggio e dovette rassegnare le dimissioni (1791).
Nel 1794, con la bolla Auctorem Fidei, papa Pio VI condannò 85 tesi approvate dal sinodo, bollandone 7 come eretiche e altre come «scismatiche, erronee, sovversive della gerarchia ecclesiastica, false, temerarie, capricciose, ingiuriose alla Chiesa e alla sua autorità, conducenti al disprezzo de' sacramenti e delle pratiche di santa Chiesa, offensive alla pietà dei fedeli, che turbavano l'ordine delle diverse chiese, il ministero ecclesiastico, la quiete delle anime; che si opponevano ai decreti Tridentini, offendevano la venerazione dovuta alla Madre di Dio, i diritti de' Concilii generali»..
Scipione de' Ricci, relegato nella sua villa, solo nel 1805, in un incontro con papa Pio VII a Firenze, abiurò le sue tesi.
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