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I canti della Resistenza italiana rimandano non solo al ricordo della lotta partigiana, ma richiamano anche un più ampio concetto di libertà.
Nella memoria collettiva degli italiani, la Resistenza viene identificata con Bella ciao, ma anche altri canti furono estremamente popolari, come Fischia il vento e La Badoglieide. Si ricordano:
La risalita lungo la Penisola delle truppe alleate e delle formazioni italiane aggregate e l’incontro con i gruppi partigiani ha fatto sì che la canzone fosse conosciuta anche al Nord e in particolare in Emilia. Considerando il testo, la melodia, il battito delle mani che accompagna il ritornello si notano questi fattori:
Durante la Resistenza tornano ad essere popolari canti della prima guerra mondiale come Sul ponte di Bassano, che viene trasformato in Sul ponte di Perati, bandiera nera dagli alpini della divisione Julia, sulla cui melodia Nuto Revelli scrisse nella primavera del 1944 i versi di Pietà l'è morta.
Il canto più popolare tra i combattenti partigiani è Fischia il vento. Beppe Fenoglio, ne Il partigiano Johnny, definisce quella canzone "travolgente", ricordandola come "una vera e propria arma contro i fascisti".
Questi versi, cantati sulla melodia di una canzone russa di Michail Isakovskij e Matvej Blanter intitolata Katjuša, erano stati, almeno all'inizio, composti da Giacomo Sibilla, partigiano di Oneglia, il quale aveva appreso quel canto nell'estate del 1942 durante la guerra in Unione Sovietica. Dopo l'8 settembre Sibilla, assunto il nome di battaglia "Ivan", entra a far parte di una banda partigiana operante nella zona di Imperia e in quel gruppo inizia a strimpellare sulla chitarra la melodia russa sulla quale un altro partigiano, Felice Cascione, medico nella vita civile, compone i primi versi, successivamente rimaneggiati attraverso una serie di passaggi fra compagni partigiani.
Attraverso il testo di Cascione, una melodia russa che parlava del lontano amore di un soldato impegnato a difendere "la sua terra e la sua patria", ma il testo amoroso (I meli e i peri erano in fiore / la nebbia scivolava con il fiume / Katyusha scendeva alla riva / all'alta riva rocciosa e scoscesa...) non si conserva nella versione partigiana italiana. Fischia il vento si trasforma in un inno partigiano che si diffonde nelle zone del Nord Italia.
Nel contesto della guerra partigiana alcune canzoni del repertorio leggero assumono un significato del tutto diverso da quello originario. Ricordiamo È arrivata la bufera di Renato Rascel, che nell'intonazione dei partigiani alludeva agli effetti dei bombardamenti americani sulle città italiane.
Gli alleati, che percorrono la penisola italiana dopo essere sbarcati in Sicilia nel 1943, portano in Italia musiche e melodie nuove, dal jazz allo swing al boogie-woogie.
Gli italiani, dopo un ventennio di fascismo, respirano "il vento di libertà" portato d'oltreoceano anche attraverso i dischi a 78 giri che diffondono le voci e le canzoni di Duke Ellington e di Frank Sinatra. Motivi come In the mood, un boogie lanciato negli Stati Uniti dall'orchestra di Glenn Miller, fanno da sfondo alle speranze di una nazione che anela di risorgere dalle miserie delle distruzioni belliche e, con l'arrivo degli alleati, gli italiani si riappropriano del ballo, proibito dalle autorità nel 1940 perché ritenuto poco in sintonia in un momento di così grande gravità.
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