L'argomento Felice Chilanti ha catturato l'attenzione di molte persone negli ultimi tempi. Data la sua rilevanza nel contesto attuale, non sorprende che sia diventato oggetto di numerosi dibattiti e analisi. L'importanza di Felice Chilanti si estende a vari ambiti, dalla politica alla cultura popolare, influenzando le nostre percezioni e decisioni. In questo articolo esploreremo in dettaglio i diversi aspetti legati a Felice Chilanti, esaminandone l'impatto e la rilevanza nella società moderna. Attraverso un approccio globale e critico, miriamo a far luce su questo argomento e fornire una comprensione più profonda del suo significato e delle sue implicazioni nella nostra vita quotidiana.
Felice Chilanti (Ceneselli, 10 dicembre 1914 – Roma, 26 febbraio 1982) è stato un partigiano, giornalista e scrittore italiano.
Aderì al fascismo in gioventù. Fu fra i vincitori dei littoriali fascisti del 1935, organizzati da Giuseppe Bottai ed Alessandro Pavolini. Insieme a Francesco Pasinetti e Vasco Pratolini fondò la rivista Il ventuno domani, che prese parte al dibattito sulla razza e l'impero. In quelle pagine, Chilanti arrivò ad individuare nel popolo lavoratore il supremo difensore e custode della purezza razziale.
All'inizio del secondo conflitto il Chilanti, allora fascista di sinistra, è coinvolto in un tentativo di complotto con Vittorio Ambrosini, contro alcuni fascisti (tra cui Galeazzo Ciano): il complotto non ha esito, in quanto vengono traditi da un appartenente al gruppo dei cospiratori stessi. Felice Chilanti è in compagnia di un nutrito gruppo di fascisti che passarono all'antifascismo militante, combattente e comunista nelle diverse frange dell'ideologia: Davide Lajolo, Fidia Gambetti, Ruggero Zangrandi, Elio Vittorini, Vasco Pratolini che rappresentarono la frangia intransigente del fascismo di sinistra e formarono i nuclei fascisti passati nel dopoguerra all'antifascismo.
Come molti altri vincitori dei littoriali, divenne poi parte attiva dell'antifascismo e della Resistenza. Chilanti passò all'antifascismo militante diventando redattore di Bandiera Rossa, giornale dell'omonima formazione partigiana, nella quale militavano anche altri antifascisti come Filiberto Sbardella, Vincenzo Guarniera e Giuseppe Albano (detto "il gobbo del Quarticciolo").
Nel dopoguerra Chilanti collaborò con L'Ora di Palermo e con Paese Sera di Roma; divenne poi vicedirettore de l'Unità, e in seguito aderì ad Avanguardia Operaia. Prese infatti parte, insieme ai colleghi de L'Ora Nino Sorgi (avvocato del giornale che si firmava con lo pseudonimo di Castrense Dadò), Michele Pantaleone, Mario Farinella, Enzo Lucchi, Mino Bonsangue ed Enzo Perrone, alla prima inchiesta giornalistica sulla mafia mai pubblicata da un giornale italiano, che venne portata a termine nonostante l'attentato dinamitardo del 19 ottobre del 1958 che distrusse parte della redazione e della tipografia del quotidiano, e che fu all'origine della istituzione della Commissione Parlamentare Antimafia da parte del governo. Gli articoli, pubblicati su "L'Ora e su "Paese Sera", vennero in seguito raccolti in un volume dal titolo Rapporto sulla Mafia, pubblicato nel 1964. Nello stesso periodo, raccolse anche le memorie del mafioso italo-americano Nick Gentile, che furono pubblicate nel libro Vita di capomafia (1963).
Nel 1960 ha vinto il Premiolino per l'articolo Brasilia de noantri
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