García Jofre de Loaísa

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Viaggio di García Jofre de Loaísa
Tiponavale
Parte diEtà delle esplorazioni
ObiettivoRaggiungere le Indie orientali seguendo la rotta aperta dalla spedizione di Ferdinando Magellano
Data di partenza24 luglio 1525
Luogo di partenzaLa Coruña
Data di ritorno1536
Esito
  • Solo Andrés de Urdaneta e 24 altri uomini raggiunsero le Indie occidentali
  • Equipaggio catturato dai portoghesi e riportato in Spagna
ConseguenzeFu l'ultima spedizione diretta alle Indie occidentali a partire dalla Spagna. Le successive partiranno dalla Nuova Spagna
Rotta della spedizione Loaísa
Equipaggiamento
Comandanti
Uomini celebriAndrés de Urdaneta, Alonso de Salazar
MezziSanta María de la Victoria, Espiritu Santo, Anunciada, San Gabriel, Santa María del Parral, San Lesmes e Santiago
Finanziamento Impero spagnolo

García Jofre de Loaísa (Ciudad Real, 1490Oceano Pacifico, 30 luglio 1526) è stato un esploratore spagnolo al quale re Carlo I di Spagna ordinò di organizzare una spedizione in Asia, nota come spedizione Loaísa, che nel 1525 seguì la rotta occidentale per colonizzare le isole delle spezie nelle Indie Orientali, attraversando nel tragitto l'oceano Atlantico e l'oceano Pacifico.

A bordo vi erano oltre 450 persone, compresi diversi tipi di commercianti ed amministratori, decisi a fondare insediamenti permanenti spagnoli nelle Indie orientali spagnole.

Biografia

Una flotta di sette navi prese parte alla spedizione: Santa María de la Victoria, Espiritu Santo, Anunciada, San Gabriel, Santa María del Parral, San Lesmes e Santiago. Jofre de Loaísa fu nominato capitano con Juan Sebastián Elcano, il quale aveva raggiunto le isole delle spezie nel 1521 con la spedizione di Magellano. La flotta salpò da La Coruña il 24 luglio 1525 e giunse sulle coste della Patagonia nel gennaio 1526 con due navi che si erano staccate dal gruppo. Nelle settimane seguenti la flotta continuò a riunirsi e disperdersi a causa dei forti venti nel tentativo di entrare nello stretto di Magellano. Due navi naufragarono ed una virò verso l'Atlantico disertando la spedizione. Alla fine rimasero quattro navi che, in mezzo al cattivo tempo, raggiunsero l'oceano Pacifico a maggio, prima di venire separate nuovamente, e stavolta definitivamente, da una forte tempesta.

Uno dei galeoni, il San Lesmes, scomparve. Il Santiago si diresse a nord e con un sorprendente viaggio di 10 000 km raggiunse la costa pacifica del Messico nel luglio 1526, portando a termine la prima navigazione dall'Europa alla costa occidentale dell'America del Nord.

La terza nave, la Santa María del Parral, navigò il Pacifico e giunse a Sanghir al largo della costa settentrionale di Celebes, dove la nave fu tirata a riva ed il suo equipaggio ucciso o schiavizzato dai nativi. Quattro di loro furono salvati nel 1528 da un'altra spedizione spagnola in arrivo dal Messico. Il galeone Santa Maria de la Victoria fu l'unica nave a raggiungere le isole delle spezie nel settembre 1526.

Alcuni esploratori della spedizione morirono durante l'attraversamento del Pacifico. Loaísa morì di scorbuto il 30 luglio 1526, Elcano morì poche settimane dopo, Alonso de Salazar morì dopo un mese mentre Yñigez giunse alle isole Visayas e Mindanao nelle Filippine ed alle Molucche, ma vi morì per avvelenamento da cibo. De la Torre si ancorò in Indonesia per attendere aiuto dalla Spagna. Solo Andrés de Urdaneta e 24 altri uomini sopravvissero allo sbarco sulle isole delle spezie, dove furono catturati dai portoghesi che erano giunti dai loro avamposti nelle Indie Orientali. Alla fine Urdaneta e pochi altri riuscirono a tornare in Spagna nel 1536 scortati dall'armata portoghese in India (Armadas da Índia).

Il destino della San Lesmes viene raccontato nel thriller cospirativo di Greg Scowen intitolato The Spanish Helmet, basato sulla teoria di Robert Langdon secondo la quale il vascello perduto avrebbe scoperto la Nuova Zelanda dopo essersi incagliata sull'atollo francese di Amanu.

Opere

Note

  1. ^ Mind the Map - L’Oceano degli Spagnoli, su youtube.com, Fondazione Benetton.

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàVIAF (EN169835002 · ISNI (EN0000 0001 2207 2732 · CERL cnp02133783 · LCCN (ENn2004063593 · GND (DE1078928045 · BNE (ESXX4725345 (data) · WorldCat Identities (ENlccn-n2004063593