Al giorno d'oggi, Pinacoteca Ambrosiana è un argomento sulla bocca di tutti. L'importanza di Pinacoteca Ambrosiana è andata aumentando nel corso degli anni, diventando un punto chiave in diversi ambiti della società. Che si tratti di politica, economia, scienza, sanità, cultura e molti altri aspetti, Pinacoteca Ambrosiana ha assunto un ruolo rilevante che non può essere trascurato. Questo articolo si propone di approfondire i diversi aspetti legati a Pinacoteca Ambrosiana, analizzandone l'impatto, le sue sfide e le sue possibili implicazioni per il futuro. Attraverso questo articolo cercheremo di affrontare da varie prospettive l'importanza di Pinacoteca Ambrosiana oggi e la sua proiezione nei prossimi anni.
Venne fondata da Federico Borromeo nel 1618 all'interno della Biblioteca Ambrosiana, istituita già nel 1609. L'istituzione nacque per assicurare una formazione culturale gratuita a chiunque avesse qualità artistiche o intellettuali. Alla Pinacoteca fu infatti affiancata, fin dal 1621, un'accademia di pittura e scultura, con calchi in gesso del Laocoonte e della Pietà di Michelangelo Buonarroti provenienti dalla raccolta di Leone Leoni. Il primo docente di pittura fu il Cerano; unico allievo di una certa importanza fu Daniele Crespi.
Interessante dal punto di vista storico è la produzione di copie da dipinti celebri, promossa da Federico Borromeo per scopi didattici e documentativi, come la replica dell' Ultima Cena di Leonardo, che già nel XVII secolo era in condizioni assai precarie. La copia è stata realizzata da Andrea Bianchi.
Percorso espositivo
Collezione del cardinale Borromeo
Le sale 1, 4, 5, 6 e 7 contengono la collezione dei dipinti donati nel 1618 da Federico Borromeo. Si tratta del nucleo originario della pinacoteca, per questo si è scelto di evidenziarlo in sale dedicate, ispirandosi nell'allestimento al Musaeum pubblicato dal cardinale a Milano nel 1625, dove è descritta la prima sistemazione della raccolta.
Le sale presentano dipinti leonardeschi e veneti del Cinquecento (sale 1 e 4), il cartone della Scuola di Atene di Raffaello, il Canestro di frutta di Caravaggio e dipinti del Cinquecento italiano (sala 5), lombardi contemporanei (sala 6) e fiamminghi contemporanei (sala 7).
Opere nella sala 1
Anonimo
San Girolamo penitente
Ritratto del cardinale Federico Borromeo
Ritratto del cardinale Federico Borromeo da giovane
Le altre sale ospitano dipinti ottenuti con altri lasciti. Un importante nucleo riguarda il XV secolo e ancora più consistente è quello del secolo XVI. La sala 2 è dedicata ai pittori soprattutto fiorentini, lombardi e veneti, tra cui anche il Ritratto di musico di Leonardo, la 3 ai lombardi, la 10 ai veneti, la 11 soprattutto ai toscani, la 12 ai bresciani e i veneti, la sala 29 a Bernardino Luini.
Opere nella sala 2
Maestro della Libreria Sagramoso, S. Bernardino, s. Bonaventura e s. Cristoforo
Anonimo lombardo, Sacra conversazione coi ss. Caterina d’Alessandria, Giovanni battista, Pietro e Filippo Benizzi
Marco Basaiti, Cristo risorto, restaurato nel 2017, è firmato ed è generalmente datato al secondo decennio del XVI secolo. L'artista veneziano si mostra qui estraneo alle novità lagunari tra il tardo Giovanni Bellini, Giorgione e i nordici, e piuttosto vicino a Carpaccio e ai leonardeschi lombardi presenti in città, come Giovanni Agostino da Lodi e influenzato dal classicismo del Perugino.
La sala della Medusa, che prende il nome dalla fontana di Giannino Castiglioni, e quella successiva (9, delle Colonne), conservano dipinti e le raccolte di oggettistica.
In due teche è conservata parte della raccolta Sinigaglia; tra gli oggetti: resti animali (corna, mummie...), miniature, figurine antropomorfe, ušabti, unguentari, lucerne.
Sala di Niccolò da Bologna
La sala 13 è detta di Niccolò da Bologna, dal nome del miniatore trecentesco (autore del Codice ambrosiano B 42 Inf.) che ha ispirato i rilievi di due lunette, opera rispettivamente di Domenico Buffa e Rodolfo Castagnino con pitture di Archimede Albertazzi, ed ospita opere fiamminghe e italiane del tardo Cinquecento e del Seicento, tra cui spicca il nome di Guido Reni.
L'allestimento delle successive sale, sempre relativo ai lavori degli anni trenta, ricrea un ambiente signorile milanese di fine Sette-inizi Ottocento. Nella sala 14 si trova un ballatoio con una finta biblioteca e cento stemmi di famiglie nobili lombarde, opera di Archimede Albertazzi, restaurati da Francesco Manzoni dopo i danni bellici. La vetrata è di Domenico Buffa e raffigura Sant'Ambrogio. Le sale 15 e 16 sono dedicate al Seicento lombardo, la 17 al Sei e Settecento
La teca al centro della sala è dedicata alla divinità indù Vīrabhadra, contenendo 72 placchette votive a lui riferite.
Collezione De Pecis
La sala 18 ospita le opere più importanti della collezione donata dal conte Giovanni Edoardo De Pecis nel 1827 e accresciuta nel 1828 e nel 1830 dai lasciti di sua sorella Maria, vedova Paravicini. Comprende dipinti italiani e fiamminghi e una ricca raccolta di bronzetti neoclassici.
La sala 21 è composta da tre ambienti in successione aperti sulla sala della Medusa e quella delle Colonne, ospitanti un gruppo di dipinti fiamminghi e tedeschi dei secoli XV, XVI e XVII secolo, in larga parte dalla Collezione De Pecis. Sul finestrone centrale, rivolto verso l'aula di lettura della Biblioteca, si trova la vetrata dantesca di Giuseppe Bertini, già nell'attuale sala Borromeo (già sala Stocchetti) e qui posta dal 1929.
Maestro delle mezze figure femminili (o copia antica da), Maria Maddalena
Arte del XIX e XX secolo
La sala 19 presenta una selezione degli oltre duecento dipinti ottocenteschi e dei primi anni del Novecento della galleria; si tratta soprattutto di opere di artisti attivi a Milano, con nomi dei migliori maestri quali Andrea Appiani, Francesco Hayez, Mosè Bianchi. La sala 19 ospita anche tre teche, contenenti una minima parte della collezione numismatica dell'Ambrosiana; sono esposte sia monete della zecca di Milano (dal periodo di Carlo Magno all'Unità d'Italia), sia monete provenienti da altre città (Genova, Roma, Venezia...). Da qui si accede anche al Gabinetto numismatico. La sala 20 è occupata dal peristilio, e vi si entra dalla Sala Federiciana.
La sala 22 è il lungo corridoio decorato da sculture e affreschi, secondo l'allestimento del 1966. Spiccano le opere del Bambaia, provenienti dal Monumento funebre a Gaston de Foix e da un'altra tomba, e quattro affreschi dalla chiesa di Santa Maria della Rosa, demolita nel 1831 per ampliare gli spazi dell'Ambrosiana. I reperti lapidei, antichi, medievali e rinascimentali, sono stati selezionati dal portico del Cortile degli Spiriti Magni.
La donazione Brivio fatta nel 1959 comprende una selezione di dipinti italiani tra i quali una "Natività" della scuola del Ghirlandaio e una "Sacra Famiglia" della bottega del Bellini.
Collezione Negroni Prati Morosini
Nel 1962 è acquisita la collezione Negroni Prati Morosini, cui si deve l'acquisizione del "Ritratto di Napoleone" di Andrea Appiani, di quattro ritratti di Hayez e due dipinti di Camillo Procaccini e Nuvolone.
Depositi
Solo una parte delle opere di proprietà dell'Ambrosiana è esposta nella Pinacoteca. Tra le opere solitamente custodite nei depositi si possono trovare:
Anonimo
Uomo con berretto
Uomo di profilo
San Pietro penitente
Testa di vecchio
Leggenda di Niobe
Pietà
Madonna col Bambino
Epifania
Concerto
San Pietro Apostolo
Visitazione di Maria a Elisabetta
Incredulità di Tommaso
Artista fiammingo, Lavanda dei piedi
Artista milanese, Ecce Homo
Artista muranese, Fruttiere
Artista romano (?), Testa di vecchio
Ambiente di Giovanni Bellini, Adorazione del Bambino con san Giovannino
^Laura Paola Gnaccolini, Marco Basaiti, Cristo risorto, in La fragilità della bellezza. Tiziano, Van Dyck, Twombly e altri 200 capolavori restaurati, XVIII edizione di Restituzioni.Tesori d'arte restaurati, catalogo di mostra, Milano, 2018, pagg. 446 - 454.