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Memnone | |
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Memnone, incisione dell'artista francese Bernard Picart (1673-1733) | |
Saga | Ciclo troiano |
Nome orig. | Μέμνων |
1ª app. in | Etiopide |
Caratteristiche immaginarie | |
Epiteto | Nero, divino |
Sesso | Maschio |
Professione | Re di Persia e di Etiopia, condottiero |
Memnone (AFI: /ˈmɛmnone/; forma antiquata Mennone, /ˈmɛnnone/ o /menˈnone/; in greco antico: Μέμνων?, Mémnōn, "colui che tiene duro") è un personaggio della mitologia greca, re di Persia e d'Etiopia, dalla parte dei Troiani nell'ultimo anno della guerra di Troia, dove perì per mano di Achille.
Memnone era un semidio, in quanto figlio di Titone (fratello del re troiano Priamo) e di Eos (l'Aurora).
Fratello minore di Emazione, come lui aveva la pelle color scuro (in quanto da bambini avevano accompagnato con la madre Eos ogni giorno in cielo il cocchio del Sole): i due per il resto erano diversissimi in tutto poiché Emazione era un uomo brutale ed efferato, mentre Memnone una persona leale ed estranea a crudeltà verso i popoli sottomessi. Emazione divenne re dell'Etiopia e si scontrò con Eracle quando questi, dopo aver ucciso Busiride in Egitto, stava discendendo lungo il fiume Nilo. Memnone, che a quel tempo era ancora un fanciullo, regnava invece nella città persiana di Susa, in un enorme palazzo di pietre bianche e gemme colorate fatto costruire dal padre Titone che, in precedenza era emigrato da Troia nel Vicino Oriente dove aveva poi fondato la città. Gli abitanti di Susa furono anche chiamati Cissi, dal nome della madre adottiva di Memnone, Cissia. Divenuto re, Memnone espanse i confini del suo regno conquistando moltissimi territori ma non Troia, dominio dello zio Priamo.
Memnone era stato allevato dalle Esperidi. Il suo palazzo, che si ergeva in cima ad una acropoli, sarebbe rimasto in piedi sino alla conquista persiana. Dopo aver ucciso Emazione, Eracle affidò il regnò d'Etiopia a Memnone, che ampliò così il suo già grandissimo dominio.
Quando Ettore morì nel duello contro Achille, Memnone fu convocato come alleato a Troia. Il figlio di Eos portò con sé 20.000 etiopi, 2.000 susiani, un imprecisato numero di indiani e un'armatura forgiata dallo stesso Efesto, cui si aggiunsero i guerrieri mandati dal re assiro Teutamo, ossia mille uomini tra susiani, assiri e indiani, con duecento carri. Si sostiene che egli raggiunse Troia attraversando l'Armenia in testa a un poderoso numero di persiani, etiopi ed indiani, mentre un secondo esercito comandato da Falanto, su suo ordine, salpava dalla Fenicia.
Sotto le mura di Troia dimostrò coraggio e valore, uccidendo diversi guerrieri achei e arrivando a ferire Aiace Telamonio (fu forse l'unico nemico a riuscirci veramente oltre a Ettore, Sarpedonte ed Enea). Inseguì il carro di Nestore, il cui auriga era stato ucciso da Paride, e ammazzò Antiloco che era accorso in aiuto del padre. Il corpo del giovane fu anche preso dai guerrieri etiopi ma, prima che fosse spogliato delle armi, fu recuperato da Achille, particolarmente affezionato ad Antiloco.
«Oggi, spero che sia tu a morire, venga il tuo destino oscuro, sotto la mia lancia.
Tu da questa mischia non sfuggirai vivo! Sciocco, perché hai sterminato crudelmente i Troiani, dichiarandoti il più potente degli uomini?
Poiché ti vanti di essere l'immortale figlio di una Nereide?»
Memnone duellò dunque contro il Pelide e si dimostrò un guerriero non inferiore a lui (le armi divine che possedeva riuscirono perfino a scalfire la pelle di Achille che, come noto, era vulnerabile solo nel tallone) ma alla fine venne decapitato dal suo nemico. L'esercito etiope, rimasto senza un condottiero, si disperse, e tutti i suoi guerrieri fuggirono da Troia.
Eos pianse molto la morte del figlio e il cielo fu ricoperto da nubi, mentre il suo pianto disperato formò la rugiada. Per volere di Zeus dalle ceneri di Memnone, che era stato bruciato sullo stesso rogo di Antiloco, nacquero due schiere di uccelli immortali (detti "Memnonidi") che ogni anno combattono fra loro sul cielo di Troia.
Omero parla di Memnone nell'Odissea come il più bello tra tutti i guerrieri che presero parte alla guerra di Troia. Le sue gesta erano narrate anche nel poema Etiopide, di cui non ci è rimasto quasi nulla. Eschilo gli dedicò una trilogia, andata interamente perduta; in una delle tre tragedie, la Psicostasia, interveniva Zeus (cosa insolita per un pezzo teatrale), che pesava su una bilancia i destini di Memnone e Achille. Un cenno all'eroe viene inoltre fatto nell' Eneide, mentre l'origine degli uccelli Memnonidi è descritta nelle Metamorfosi di Ovidio.
Nel III secolo d.C., in aperta riscrittura di Omero, nel suo Eroico Filostrato nega che egli avesse partecipato alla guerra di Troia: il semidio sarebbe morto in Etiopia dopo un'esistenza pari a quella di cinque generazioni.
Stando alle fonti, nei combattimenti, Memnone uccise un totale di tre tra gli eroi nemici:
Due statue colossali erette sulle rive del Nilo, che in realtà raffigurano il faraone Amenofi III, furono identificate coll'eroe. Spesso una di esse, al levarsi dell'aurora, emetteva un rumore che venne interpretato come il saluto alla madre.
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