Auðr

Oggi Auðr è un argomento di grande attualità che genera interesse e dibattito in diversi ambiti. Con il passare del tempo Auðr è diventata sempre più importante nella società odierna e la sua influenza è evidente in diversi aspetti della vita quotidiana. Dalla sfera personale a quella lavorativa, Auðr si è rivelato un argomento che non passa inosservato, suscitando l'interesse di esperti, accademici e persone in generale. In questo articolo esploreremo diversi aspetti relativi a Auðr, nonché il suo impatto sulla società odierna.

Auðr o Auði il ricco è un personaggio della mitologia norrena, menzionato solamente da Snorri Sturluson. Nella sua Edda in prosa, è presentato come essere il figlio di Nótt e Naglfari e nell'Heimskringla è il padre di una ragazza che ha sposato un re di Svezia di nome Visbur. In entrambi i casi è poco di più di un nome in una genealogia e non è detto che entrambe le opere si riferiscano allo stesso personaggio.

È così citato nell'Edda in prosa, al canto 10:

(NON)

« Hann átti dóttur, er Nótt hét. Hon var svört ok dökk, sem hon átti ætt til. Hon var gift þeim manni, er Naglfari hét. Þeira sonr hét Auðr.»

(IT)

« Aveva una figlia che si chiamava Nótt, ella era nera e scura secondo la sua stirpe. Aveva per marito un uomo di nome Naglfari, loro figlio si chiamava Auðr.»

L'interpretazione del significato del nome di Auðr è problematica. In norreno "auðr" significa innanzitutto "ricchezza" (parallelamente al gotico "auds" "felicità", anglosassone "eād" "ricchezza"), con tutte le implicazioni relative al concetto di abbondanza e fertilità. Nel linguaggio poetico può assumere il significato di "fato", "destino" (nel verso "fá auðar" "morire"). Come aggettivo, "auðr" vuol dire invece "deserto", "vuoto", "desolato" (parallelamente al gotico "auþs" "solitario", "deserto", anglosassone "ydan" ed "ēdan" "devastare", tedesco "öde" "solitario", "brullo", "deserto"), e questo potrebbe far pensare al caos primigenio, alla terra "informe e vuota" dei primissimi versetti della Genesi. Su questa linea, Brian Branston interpreta "auðr" come "spazio" (con un preteso rimando al greco "aithḗr" "etere")

Bibliografia